Fra le più tragicomiche usanze della società moderna si annoverano le gite aziendali, particolarissimo risultato della volontà di lungimiranti società per azioni che cercando di creare un benessere psicofisico decente sul posto di lavoro, mettono in scena delle iniziative a metà fra gli uffici con biliardino della Silicon Valley in stile Google e le colonie estive degli anni ’50.
Quando l’azienda è giovane e dinamica, la tortura prevede l’attività fisica al centro dell’evento e lo sport esce goffamente dal suo naturale contesto.
Fra ironia e realtà a volte un po’ grottesca, un omaggio al genio di Paolo Villaggio, visionario del nostro tempo che non ha sbagliato nulla. Con poca voglia di polemizzare e tanta di riderci su.
Lugubre mattina di metà febbraio, appuntamento alle 6.45 davanti al Negozio, pullman preso a noleggio dalla compagnia più economica pronto a trasportare l’intero personale in Valsesia per una entusiasmante ciaspolata. Si presentano alla spicciolata: Megadirettore con macchina cabrio (rigorosamente scappottata), vicedirettore con modesta utilitaria posteggiata in luogo scarsamente illuminato, responsabili di reparto appena usciti dal turno di notte non pagato ed addetti vendita tutti.
Si distinguono dal gruppo un dipendente già ubriaco in quanto ex alpino ed una avvenente cassiera fasciata in eroico completo anni ’70 Gigi Rizzi, molto in voga nella zona di Mentone.
Partenza ritardata di 8 minuti per incursione della di lei madre (vera proprietaria del completo Gigi Rizzi) che con marcato accento meridionale ferma il pullman e si accerta che la figlia abbia con se il pranzo al sacco. Con il negozio affidato ad una sparuta compagine di colleghi in volontaria trasferta a loro spese, si può partire.
Alle 8.30 la prima sosta per colazione salva tre cassiere (che non avevano optato per la tuta da sci intera) dalle insistenti avances di gran parte dei colleghi: coda al bagno, confusa consumazione di cappuccini e brioche con furti di materiale autogrill e sigaretta collettiva per celebrare lo sport e l’amicizia.
Il pullman di classe economica, sprovvisto di gomme da neve e di dimensioni mastodontiche, arriva a destinazione nonostante la paura generale attorno alle dieci: distribuzione del materiale in comodato d’uso, breve introduzione delle guide alpine locali, foto di rito e partenza verso rifugio Walser alle pendici del Monte Rosa.
Megadirettore in testa, i dipendenti con maggiori responsabilità procedono sicuri verso la meta cercando di sedurre le colleghe: sigaretta in bocca e sguardo malandrino, minimizzano con noncuranza gli effetti del freddo siberiano che congela le copiose gocce di sudore sulla fronte. Alle 11.36, caduti dodici dipendenti in un crepaccio, si esulta smodatamente per l’efficace politica di controllo dei costi del personale. Finalmente la prima cassiera si concede ai colleghi per combattere il gelo: per la privacy si appartano in otto dietro un pupazzo di neve.
Raggiungono il rifugio alle 13.38, segue quindi mega pranzo di quindici portate pagato in buoni sconto poco spendibili, giro di grappe e sigaretta di gruppo: dopo aver sommariamente seppellito tre morti per congestione si procede verso il ritorno a valle. Cinque ubriachi guidati dall’ex alpino hanno scambiato le ciaspole con i vestiti dei ristoratori e scendono scalzi fra dolori atroci mentre il Megadirettore, stanco ma appagato, viene portato a braccia da alcuni dipendenti in scadenza di contratto. A metà fra ciclismo e prima guerra mondiale, si decide di percorrere gli ultimi chilometri in maniera agonistica: si dividono gregari e capitani. Vince comunque il Megadirettore, che riceve in premio la cassiera con giacca di Gigi Rizzi e si concede un disumano urlo di gioia: la slavina provocata dall’acuto travolge l’ufficio risorse umane, leggermente attardato. Per i superstiti sigaretta di gruppo per celebrare la vittoria ed un sempre più oculato controllo dei costi.
Dopo cinque ore di viaggio di ritorno, il personale ormai ridotto all’osso può immortalarsi in un tragico autoscatto cui verrà aggiunta la dicitura “dipendenti del mese”, per poi rilevare il negozio ed affrontare un altro turno di notte non pagato.
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