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Baník Ostrava, zappe per una vittoria

C’era una volta in Repubblica Ceca il Baník Ostrava, formazione calcistica della prima divisione, che, durante una delle tante stagioni disputate, riscontrava difficoltà a produrre risultati e non offriva quel calcio spumeggiante che i tifosi avrebbero voluto. Un giorno del non troppo lontano mese di settembre, Anno Domini 2015, il buon saggio condottiero Radomír Korytár decise di realizzare un’idea che gli balenava nella mente da tutta la notte a fronte di una indegna quanto scandalosa eliminazione dalla MOL Cup, il trofeo nazionale, a favore del Rymarov, compagine di quarta divisione: ossia costringere i propri guerrieri, che tanto guerrieri non erano, a condurre “lavori forzati” per una settimana intorno al campo di allenamento. Così, sveglia fissa alle 6.45, dal capitano al più scarso dei portieri, i cosiddetti giocatori si alzavano ogni mattina, si mettevano in viaggio verso il centro sportivo e, anziché avviarsi a una leggera e spiritosa seduta di lavoro, indossavano guanti e tuta e zappavano la terra con pale da contadini. Il compito era adeguare alla propria storia il terreno di gioco dove prepararsi alla sfida domenicale e indurre i tifosi a smetterla con le proteste per una stagione che si prestava a essere fallimentare. Così come poi è stata, abbandonando la singolarità di questo atto fine a se stesso.

Doveroso appunto sul palmares del Baník (abbreviazione per gli amici!): la società vanta tre campionati cecoslovacchi e uno ceco, tre coppe di Cecoslovacchia, due della Repubblica Ceca, una Coppa e Supercoppa Mitropa. Mica pizza e fichi verrebbe da dire. Ma non c’è nulla di più tragico di questo azzardato abbinamento culinario, se non l’attuale stagione del Baník. Eh sì, perché il “c’era una volta” non è mai stato così attuale in questa descrizione: la squadra di Korytár, saggio ma anche fortunato per essere ancora seduto su quella panchina (dipende dai punti di vista!), stagna adesso all’ultimo posto della classifica con quattro punti all’attivo, frutto di una sola vittoria e un pareggio al netto delle altre quattordici sconfitte. E il lato buffo è che quei quattro punti sono stati fatti in tre giorni, dunque la festa non è durata neppure una settimana. Mai una gioia.

Ma questa squadra, così bucolica e strana per il mondo che odiernamente si è fatto, non merita di stare lì. Ha una storia e la storia resta e deve perdurare. E da quella vicenda che precedentemente ho raccontato con un’ammirazione che nemmeno ho voluto far trasparire, vorrei sottolineare quanto il Baník Ostrava sia entrato nei cuori della gente, delle genti in senso lato, fuori dai confini nazionali: un po’ come l’impresa del Leicester, nella quale ormai tutta l’Italia crede, immaginarne una anche di questo undici meraviglioso ha tutti i presupposti perché diventi un pensiero fisso in ciascuno di noi. Non è il Leicester che punta al titolo, è vero, qui ci si accontenta dell’obiettivo minimo. E si parte dal disastro, potremmo aggiungere, tabellino alla mano. Ma, in fondo, a chi non piacciono le missioni impossibili? Si resta prevenuti così da non rimanerne delusi, ma se succedesse il miracolo sportivo si riempirebbero le piazze e si prosciugherebbero coi vestiti inumiditi le fontane. Manca un intero girone di ritorno, la matematica e le statistiche non aiutano, tuttavia con altre simpatiche e magari più efficaci idee l’allenatore potrà guidare i suoi verso la salvezza. Tutti noi ci crediamo, pronti a festeggiare il sogno di una città.

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Alessio Eremita
Inventore di finzioni, creatore e amante di polemiche, instancabile intollerante che potete leggere anche su empireodelpallone
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