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Quando la MTB diventa estrema

Controllo il mio Strava oltre al gps e i poco più di 1000mt di dislivello mi strappano un sorriso beato. Ne verifico le medie orarie e i punti di “strappo” dove ho mollato un po’ la presa per evitare che quel sorriso potesse trasformarsi in un intero catalogo a colori di smorfie e dolori del giorno dopo e finisco la mia barretta energetica alle noci e caramello.

Più o meno seriamente ho preso la mountain bike – o MTB – e cerco di saltare in sella appena ho un del tempo libero. Preferisco partire all’alba per evitare l’ora di punta sui sentieri e che siano 30 o 40 chilometri di percorsi “flow” o la metà di percorsi più complessi cerco di alzare la mia asticella personale poco più in là ogni volta. Ho capito l’importanza della corretta alimentazione chiedendo consigli a chi è più esperto, quella del riposo inteso come recupero, delle energie e qualche piccolo trucchetto per coadiuvare la fase aerobica con quella muscolare. Step by step ho allenato la gamba e rotto il fiato cercando anche il tempo per metterci un po’ di tecnica per non sembrare un bradipo abbracciato a un ramo.

Nel mio peregrinare in rete – in un giorno di recupero, ovviamente – ho trovato notizia di alcune tra le endurance e ultratrail più difficili che un rider possa affrontare. La HERO Südtirol Dolomites che calca le terre della Val Gardena si snoda su poco meno di 90km di tracciato con un dislivello di 4500mt. Ci sono campioni come il colombiano Leonardo Paez, vincitore di numerose gare di cross-country tra cui il trittico al Sella Ronda e una medaglia di bronzo ai Mondiali di Marathon dello scorso anno. Ma ci sono anche quelli che partecipano come amatori, perché nei loro volti le motivazioni molteplici sono la storia più bella. Chi era in sovrappeso e nella bici ha trovato la sua strada e ora è qui per confrontarsi col cronometro: perché se sei troppo lento vieni eliminato.

Mi addentro nella ricerca e trovo anche di meglio – o di peggio – ovvero la MB Race Culture Vélo, considerata la gara di mtb più difficile del mondo. Un giorno solo, centoquaranta chilometri e 7000mt di dislivello! Sorta nel 2010 per mano di Vincent Hazout si è evoluta fino alla forma attuale di ultra-marathon. La gara ha tre differenti tipologie di gara che si differenziano per chilometri da percorrere e dislivelli più o meno crescenti. Vi si affiancano eventi “minori” per bambini e ragazzini dai 7 a 14 anni (MB Kids) e disabili che possono confrontarsi in zona Les Portes du Mont-Blanc (MB Race Culture Vélo). Come dicevo, la più attesa tra le gare è la MB Ultra, 140chilometri suddivisi in tre step (70km, 100km, 140km) dove è l’atleta a decidere se fermarsi dopo i primi 70/100km oppure cercare di entrare nell’Olimpo di coloro che la portano a termine. Un solo, significativo, dato: nel 2010 un unico concorrente su 600 ha portato a termine la gara. Quest’anno la gara è stata resa ancor più travagliata dal caldo che ha attanagliato l’Europa, tanto che i punti ristoro sono saliti da 11 a 14 per poter permettere una corretta idratazione ai concorrenti. Dei circa mille partecipanti solo 137 sono arrivati in fondo ai 140km. Il vincitore è stato il francese Vincent Arnaud, che ha chiuso l’impresa in 9h05’50”. Leggo e rileggo questi ultimi numeri, controllo i miseri dati relativi alle mie uscite e accarezzo il gatto impigritosi sul divano. Scorro le interviste di coloro che sono riusciti a portare a termine la gara, una media di poco inferiore al 10% dei partecipanti e tra le loro frasi intuisco, ma senza davvero comprendere fino in fondo, lo sforzo immane svolto per controllare prima di tutto la testa, vera motrice di tutto il resto. L’importanza di non permettere mai al pensiero della sconfitta di insinuarsi nei momenti in cui il corpo non risponde o mentre ci si snerva per un fondo troppo scivoloso che porta a pedalare a vuoto. Per dirla come il vincitore del 2013, Arnaud Rapillard,La MB Race Culture Velo più che una gara è una sfida con se stessi”.

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Alessio Rassi
Nato nello stesso giorno - ma diversi anni dopo – del plurititolato pilota di rally Renato Travaglia o del navigatore Daniel Elena, mi appassiono fin dai primi vagiti a ogni genere di sport motoristico, su strada e su pista. Pratico ogni sorta di sport non-motoristico e questo mi porta a non concludere nulla. Quando finalmente posso dedicare tempo e (pochi) soldi ai motori guidati mi accorgo di aver già troppi anni sulle spalle, facendomene una ragione davanti ad una birra trappista. Utilizzo i week-end di gran parte dell'anno per seguire il Motomondiale, la SBK, l'MX GP, il WRC con IRC annessi e connessi e varie corse su strada. Capita spesso che mi chieda come sarebbe stato fare di un hobby la ragione di vita ma non potendo dare una risposta mi limito a raccontarne qualche fatto, con un casco vicino e la passione nel cuore.
Alessio Rassi

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