La tempesta prevista sulla Liguria alla fine non si è scaricata ma il vento oggi è fortissimo, un libeccio inarrestabile che ha colto alla sprovvista alcuni bagnanti sul litorale savonese e non ha dato scampo a un uomo di 50 anni. Niente è scontato [nelle acque libere]. Si dev’essere in grado di reagire all’imprevisto senza perdere il ritmo o il controllo. E non è semplice.
Così scrive Carola Barbero, insegnante di filosofia del linguaggio all’Università di Torino, che intercetto telefonicamente in un ritaglio del suo prezioso tempo. Lo scopo è una breve intervista per scavare un po’ più a fondo riguardo al suo libro, L’arte di nuotare (Il Nuovo Melangolo, 2016), saggio che unisce filosofia e arte natatoria in un bellissimo crescendo di capitoli che, come le diverse discipline del nuoto, culmina in un Traguardo.
Prima d’ora mi ero avvicinato ai libri di nuoto solo dal punto di vista tecnico o sfogliando qualche autobiografia e mai l’approccio era stato filosofico, se non leggendo il romanzo di Joaquin Pérez Azaústre, Il mondo dei nuotatori. Da dove nasce l’idea?
Nasce innanzitutto dalla passione sfrenata per il nuoto. Il libro è un mezzo con cui ti apri a moltissime persone e per una persona riservata come me può non essere facile. Ma le passioni, come le malattie sono contagiose. E poi ci sono aspetti più intimi, legati ai profumi, al cloro se parliamo di nuoto in vasca, tutte sensazioni che danno alla testa. Ho cercato di affrontare il tutto da un punto di vista non tecnico ma viscerale. L’amore per il nuoto, nel mio caso, non è stato un amore a prima vista, quanto piuttosto un amore ritrovato.
Nel libro di Azaústre la dimensione della solitudine è decisamente marcata, analogia trovata anche nel tuo scritto, dove in molte riflessioni si percepisce quello stato d’animo. Credi che sia una condizione tipica del nuotatore?
Sì, credo che la solitudine sia una parte integrante del nuotatore, di chi pratica sia a livello agonistico e sia di chi si cimenta per pura passione. Il nuoto può essere fuga da una realtà che stordisce, ma anche nella compagnia, come può essere una nuotata di gruppo, ha in sé un aspetto di solitudine.
C’è un film che citi nel tuo libro – e mi riferisco al bellissimo Mare Dentro – in cui il regista Alejandro Amenábar è bravissimo nell’evitare il tranello di facili moralismi o stucchevoli conversazioni (facile quando si parla di handicap). Javier Bardem è magistrale nel recitare con il solo viso ma offrendo al pubblico tutte le sensazioni non di un tretraplegico quanto, prima di ogni altra cosa, di un uomo. Pensi ci siano altre opere in grado di trattare la questione della libertà partendo da quello che era uno sportivo?
Hai detto bene, la storia di Ramon Sampedro, da cui è tratto il film Mare dentro, è una storia innanzitutto sulla libertà e sul volo, perchè il nuoto è la cosa che più si avvicina al volo per l’uomo (senza ausilio di attrezzature). E Samedro continua a volare anche dopo che la sua schiena si è spezzata. In fase di stesura ho eliminato la storia di Amurri, benchè il suo libro Apnea valga davvero la pena di essere letto.
Nel libro incastri in maniera originale pezzi di brani della tradizione cantautoriale italiana. È una cosa che hai pensato fin dall’inizio o col divenire della stesura le hai aggiunte dopo?
[risata] No no, sono state messe di getto, perché il libro è stato scritto di getto, senza pensare. Una cosa istintiva sin da subito!
Tania Cagnotto ha sottolineato che la genetica, nel nuoto e negli altri sport, conti molto ma che quello che conta tanto per vincere siano gli allenamenti e i sacrifici. Indubbiamente la sua visione è corretta ma non pensi tolga un po’ di romanticismo allo sport?
Beh, stiamo parlando di una professionista, un’agonista che molto probabilmente già a 1 anno di età mostrava segni di “dono” e che poi con gli anni a venire ha limato e perfezionato fino ai massimi livelli la disciplina. Nel libro ho cercato di trasmettere la mia passione, che non è genetica ma è cresciuta con il nuoto. E così ho cercato di insegnare ai miei figli. A loro ho voluto insegnare a nuotare perché imparare a nuotare serve per stare a galla e fare questo è importante esattamente come lo è nella vita.
Un’ultima domanda, Carola. Qual’è il pensiero o lo stato d’animo che ti pervade dopo una nuotata in acque libere?
Il senso di libertà, specialmente al mare. In piscina tutto è racchiuso in spazi ben definiti. Ma il nuoto in mare mi fa sentire viva e libera. Anche quando non sono serena. Il galleggiare in mare mi aiuta a liberarmi dei pesi, che per la durata della nuotata, sia essa breve o lunga, metto in un angolo. Ecco, la stessa sensazione non me la offre una nuotata al lago o una piscina.
Mentre finisco di scrivere, il mare sbatte forte sulla costa – in genovese diciamo che gh’è ‘n pô de bulezümme - ed è proprio la condizione mentale in cui ci si trova quando si finisce di leggere il libro di Carola Barbero, L’arte di nuotare.
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