Abbiamo letto più volte Friedrich Wilhelm Nietzsche, senza mai prenderlo troppo sul serio perché informale, irrazionale e provocatorio. Tra i suoi molti pensieri, questo: leggere lentamente è un’arte.
Dalla filosofia alla filologia, dalla filologia al calcio. La lettura dei giornali della rassegna stampa, delle formazioni, delle pagelle e soprattutto la lettura del gioco, delle sue fasi e dei suoi protagonisti.
Il centravanti, il centrattacco, l’attaccante centrale, il numero nove, eccetera. Cambiando Paese, centre forward: centro in avanti. Quale preferite?
Per questa volta, scegliamo l’idioma straniero. Perché separare, due parole in questo caso, quasi sempre sposta e trasforma parecchio.
Torniamo a noi, italiani, torniamo a “centro” e “avanti”. Anzi, al…centro dell’avanti. Così dicendo, anteponiamo il concetto della coordinazione a quello della finalizzazione: prima viene la necessità di orchestrare, poi irrompe il bisogno di terminare. Forse il professore della “scatola” Mauro Icardi non è d’accordissimo: il riferimento dell’area di rigore è démodé, un delineamento obsoleto di un calcio non più davanti ai nostri occhi.
Il centro non è un puro punto geometrico, bensì la metafora diventata percezione del crocevia, ora nel turno di rettore ed ora in quello di catalizzatore; l’avanti da intendersi non soltanto come occhio spontaneamente puntato sulla porta avversaria, ma come intero ciclo offensivo, continua operosità di farfalla e di ape, indefinita e multitasking anticamera dell’incunearsi tra le linee e del penetrare la linea.
Questa è un’esposizione tra le discipline della linguistica e del calcio. Si narra di miti, come quello del falso nueve. Un ossimoro tecnico.
Perché Cristiano, perché Messi, perché Hazard, perché Insigne. Perché Del Piero, perché Totti, perché Cassano, non c’entra il numero, non c’entra la dimensione, non c’entra la taglia, non c’entra la posizione.
C’entrano l’essenza, la proiezione e i mezzi.
Una simulata invenzione di nuove parole, forse assurde, ma che aiutino ad allentare la stretta della forma abituale e traviante del linguaggio.
Imparare l’arte del leggere lentamente: guardare indietro, pensare avanti.
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