Il Giro arriva in Italia con la certezza che Fiorella Mannoia ci abbia presi per il culo alla grande: il “suo” cielo d’Irlanda ha inzuppato le maglie e pure le polveri al gruppo, costringendo corridori e staff ad una buona dose di lavoro straordinario in una trasferta iniziale tanto apprezzata dal pubblico quanto maledetta dai protagonisti, che hanno pensato più a salvare la pelle che a dare spettacolo.
I corridori che ripartono da Giovinazzo, in Puglia, portano dentro di loro il coraggio e la voglia di vivere e gareggiare che rendono ogni anno il Giro la corsa più bella del mondo. Bello ma… chi sono? Se escludiamo i favoritissimi come Quintana e “Purito” Rodriguez, fenomeni da Tour de France, oppure gli italiani più popolari come Scarponi e Basso, nessuno che non sia un addetto ai lavori conosce qualcuno all’interno del gruppo: non significa che manchino i campioni, semplicemente i ciclisti non hanno un album di figurine ed appaiono poco in televisione senza il casco e gli occhiali, quindi lasciamo per un attimo stare i (pochi) famosi del pedale e passiamo in rassegna un manipolo di partecipanti a questo Giro giovani e promettenti ma non ancora troppo famosi con cui chi scrive ha incrociato la strada, prendendole sempre di santa ragione. Esperti di ciclismo astenetevi: già sapete tutto! Lettori gossippari, seguitemi…
Partiamo dal tedesco Marcel Kittel che ha vinto due delle tre tappe fino ad ora disputate, è alto, bello e biondo e se non sbaglio l’ho incontrato una volta sola, nel 2005 o 2006: enorme ed enormemente tranquillo. Probabilmente quel giorno mi staccai subito, quindi non ricordo altro.
Ricordo di aver partecipato a corse vinte da Viviani, Nizzolo, Boem, Malacarne ed Appollonio, tutti in gruppo in questo Giro. Ricordo anche Stefano Pirazzi e Daniel Oss: il primo attacava sempre anche da giovane, il secondo era già altissimo. Nella Pistoia-Casano del 2005 pioveva a dirotto e quello spilungone andava così forte da non sembrare nemmeno bagnato: non mi sovviene se vinse o andò a podio, comunque il suo nome era già fra i più conosciuti. È al giro con la corazzata Bmc.
Di Cameron Meyer invece non sapevo nulla, poi un giorno si è presentata la nazionale australiana al Giro del Friuli stravincendo la cronosquadre: loro a cinquanta di media, noi quartultimi, ripresi e sorpassati dalla Russia. Il giorno dopo mi presentai con il coltello fra i denti e mi incollai ai canguri, all’imbocco della salita ero davanti con Meyer e i suoi compagni, poi mi cadde la catena. Oggi è campione mondiale ed olimpico su pista, mentre non si contano i titoli nazionali in ogni specialità. Una bella foto ci ritrae molto impegnati in una curva, l’ho fatta ingrandire e l’ho appesa in camera.
Ho un’altra bella foto a ruota di Diego Ulissi, risale all’internazionale di Offida, nelle Marche. Era il 2006 e quel giorno faceva un caldo pazzesco, ci eravamo persi nel tragitto dall’albergo alla partenza e i miei compagni si erano ritirati tutti, pure quelli forti: Ulissi era il campione del mondo di categoria e tutti correvano sulla sua ruota, nulla di più logico. Quando attaccai con un russo il mio direttore sportivo era talmente abituato a vedermi fra gli ultimi che non mi riconobbe e non mi passò la borraccia. Quel giorno Diego non vinse ma si rifece negli anni a venire con la Milano Torino, una splendida tappa al Tour Down Under in Australia, una bella manciata di vittorie molto promettenti e la presenza costante in nazionale. Io conclusi con dignità la gara di Offida fra i pochi superstiti ed ho ancora negli occhi un attacco di Adriano Malori.
Adriano era un fenomeno già da piccolo, infatti poi ha vinto un Mondiale a cronometro under23. Lo ricordo la prima volta a Canelli nel 2002: portai via una fuga di nove corridori. Lui primo, io nono. Nel 2004 però l’eroica rivincita: grazie ad una fuga bidone ottenni un immeritato secondo posto sul prestigioso traguardo di Sestola. Malori settimo o ottavo. Quest’anno il Giro tornerà a Sestola, Malori anche: io avrò in mano una birra.
Non ho gareggiato abbastanza ad alti livelli per conoscere gli altri 190 partenti di questo Giro d’Italia, però sono sicuro che siano tutti ragazzi alla mano come quelli di cui abbiamo parlato. Invidioso, avrei potuto raccontarvi che erano tutti cattivi ed antipatici, palloni gonfiati e pure dopati. Però non è così, sono atleti seri, appassionati, hanno fatto tanti sacrifici per arrivare dove sono e altri ne faranno: meritano il Giro. Quindi emozionatevi, immedesimatevi in loro, pedalate con loro. Tifate e gioite, seguiteli ogni giorno e se di giorno non riuscite seguiteli ogni notte, le repliche non mancano.
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