3,4,24

Forse penserete che stia dando i numeri e sinceramente non potrei nemmeno darvi torto. Ricordate i rebus che tanto andavano di moda nei quiz televisivi degli anni ’80? Si tratta proprio di questo, i numeri che avete letto rappresentano esattamente la soluzione di un rebus, di stampo sportivo naturalmente. Volete un indizio? Ok, vi accontento. L’argomento è il risultato finale dell’ultima Coppa del Mondo disputata in Brasile. Ora però dovete farcela da soli. Vi dò cinque secondi di tempo per trovare la soluzione: 5…4…3…2…1.
Tempo scaduto.

Nel caso in cui non abbiate risolto il mistero, vi svelo la soluzione: la Germania è la 3° squadra ad aver vinto almeno 4 Coppe del Mondo e, come nei due casi precedenti, a distanza di 24 anni dal terzo titolo mondiale vinto (Brasile 1970-1994, Italia 1982-2006 e appunto Germania 1990-2014). Un bel gioco dura poco, ripeteva la mia maestra delle scuole elementari ed allora, in ossequio agli insegnamenti impartiti fin dalla più tenera età, torniamo seri. Terminata la fase a gironi, tutto lasciava presagire un successo del continente americano con ben 8 nazionali qualificate alla fase ad eliminazione diretta a fronte delle 6 europee e delle 2 africane superstiti; ma anche questa volta la locuzione latina nemo propheta in patria ha trovato più che mai concreta applicazione nella realtà. Come commentare la vittoria dei panzer teutonici se non con il classico ma sempre efficace refrain Deutschland uber alles? Analizzando il loro cammino, la vittoria finale non può che dirsi meritata. Erano stati sorteggiati in un girone piuttosto insidioso con Portogallo, Ghana e Usa, ma hanno superato l’ostacolo in scioltezza. Dopo il sudatissimo successo negli ottavi di finale contro l’Algeria (che ha provato fino al termine dei tempi supplementari a vendicare lo sgarbo subito per colpa del biscotto austro-germanico al Mundial di Spagna ’82, passato alla storia come la Vergogna di Gijòn), a partire dai quarti di finale hanno fatto fuori vittime illustri (nell’ordine Francia, Brasile e Argentina che possono vantare un palmarès complessivo di otto titoli mondiali in bacheca), con la punta di diamante rappresentata dalla vittoria in semifinale contro i padroni di casa, impreziosita da un punteggio mai verificatosi prima a quel livello della competizione e che per il popolo brasiliano passerà probabilmente alla storia come il Mineirazo, mutuando l’espressione dal ben più famoso Maracanazo della lontana nel tempo, ma sempre attuale, debacle casalinga del mondiale 1950.

E’ stata una vittoria assolutamente limpida anche per il gioco espresso, non certo una caratteristica tradizionale del calcio tedesco, più abituato ad un fussball muscolare e grintoso. Del resto i tempi cambiano ed i tedeschi sono stati i migliori ad adattarsi alla realtà del calcio del nuovo millennio, anche e soprattutto dal punto di visto socio-politico, integrando alla perfezione nella National Mannschaft gli immigrati di seconda generazione, figli di quegli uomini e quelle donne che molti anni prima avevano scelto la Germania come luogo di riscatto in cerca di una vita migliore per loro stessi e per i loro figli, la maggior parte di cui nati già sul suolo tedesco. Insomma, la loro vittoria non è affatto casuale, bensì frutto di scelte precise e vincenti anche in campo strettamente calcistico come, in primis, la riforma dei settori giovanili. Scelte radicali portate avanti con efficacia e determinazione all’indomani di un periodo non facile per la Germania calcistica, a secco di vittorie dall’Europeo del 1996 e culminato nella precoce eliminazione ad Euro 2004 in Portogallo, dove non riuscirono neppure a superare la fase a gironi pur essendo inseriti in un raggruppamento non certo irresistibile con Olanda, Repubblica Ceca e Lettonia. Un’onta insopportabile per il calcio tedesco, abituato a mietere successi a ripetizione o, comunque, ad arrivare sempre nelle fasi decisive delle rassegne mondiali e continentali; basti pensare che ai Mondiali arrivano almeno nei quarti di finale dal 1954 ad oggi e che, in tale lasso di tempo, hanno raggiunto le semifinali in ben 12 occasioni su 16, con 8 finali disputate di cui 4 vinte e 4 perse. Tra l’altro, la striscia avrebbe potuto allungarsi ulteriormente se nel 1950 la Germania non fosse stata esclusa in partenza dalla rassegna iridata in quanto ritenuta, unitamente al Giappone, una delle due nazioni maggiormente responsabili della seconda Guerra Mondiale, così come era già peraltro accaduto in occasione dell’Olimpiade di Londra del 1948.

Come se non bastasse il titolo mondiale vinto come squadra, i panzer hanno sbaragliato la concorrenza anche a livello di singoli, con Manuel Neuer eletto miglior portiere e Miroslav Klose diventato il miglior marcatore di tutti i tempi della storia dei Mondiali con 16 gol complessivi messi a segno in quattro diverse edizioni dal 2002 al 2014 (record personale in coabitazione con Pelè e con il connazionale Seeler, curiosamente entrambi nello stesso periodo dal 1958 al 1970), superando il brasiliano Ronaldo a quota 15 e distanziando il connazionale Gerd Muller ed il francese Just Fontaine, quest’ultimo autore di 13 reti, tutte realizzate nella stessa rassegna iridata in Svezia nel 1958 (record assoluto in una singola edizione). E non è finita qua, perché la Germania è il primo paese europeo ad aggiudicarsi la Coppa del Mondo in un’edizione disputata nel continente americano, record detenuto in condivisione con il Brasile che, invece, è l’unica nazione non europea ad aver vinto il titolo iridato nel Vecchio Continente (in Svezia nel 1958). Perfetta parità anche per le edizioni disputate nei continenti emergenti a livello calcistico, con la vittoria del Brasile in Asia (Giappone–Sud Corea 2002) ed il trionfo della Spagna a Sudafrica 2010.
Con la recente vittoria della nazionale tedesca, il Vecchio Contenente distanzia il Sud America nella graduatoria totale dei Mondiali vinti: 11 titoli appannaggio dall’Europa (4 per Germania e Italia, 1 a testa per Inghilterra, Francia e Spagna) a fronte dei 9 conquistati dall’America Latina (5 per il Brasile a cui sommare i 4 successi equamente distribuiti tra Uruguay e Argentina). Inoltre, la vittoria della Germania mantiene aperta una striscia di tre successi consecutivi dei paesi europei, mai accaduto finora poiché il record precedente era di due vittorie consecutive per ciascun continente, curiosamente ottenute dallo stesso paese (Italia 1934 e 1938; Brasile 1958 e 1962). Dal 1966 al 2006, infatti, il trono mondiale si è perfettamente alternato tra Europa e Sud America.

Tuttavia la legge dello sport recita che per ogni vincitore c’è anche uno sconfitto, anzi in questo caso direi molti più di uno. In un ipotetico podio degli sconfitti, il primo posto, inutile negarlo, spetta al Brasile: secondo Mondiale organizzato in casa propria e seconda pesantissima debacle, non solo per i risultati ma anche per il non gioco espresso. Le autorità brasiliane, estremamente sotto pressione dell’opinione pubblica per via delle tantissime risorse destinate all’organizzazione dell’evento, speravano che i risultati della Selecao avrebbero dapprima sopito e poi mitigato le proteste della popolazione, ma non hanno fatto i conti con il Dio Pallone che, in questo caso, assume maggiormente le sembianze di un Diavolo che, come recita un antico adagio popolare fa le pentole ma non fa i coperchi: a posteriori, le carenze della seguitissima nazionale di calcio hanno fatto risaltare ancor di più le discutibili scelte di chi governa un paese dalle enormi potenzialità e, allo stesso tempo, dagli enormi squilibri tra chi se la passa alla grande (una piccola minoranza) e chi fa molta fatica a condurre un’esistenza dignitosa.
La seconda piazza della flop parade è tutta della Spagna: arrivata inevitabilmente con grandi ambizioni visti i recenti successi, ha realizzato ciò che nel gergo del football americano prende il nome di three and out, tre partite (anzi due per la verità) e a casa. Probabilmente è giunta la fine di un ciclo, direi fisiologica dopo il triplete di successi (Europei 2008 e 2012, intervallati dal trionfo mondiale del 2010), ma un tonfo così fragoroso non era davvero lecito attenderlo. Tra l’altro le Furie Rosse continuano la striscia negativa delle squadre europee vincitrici del titolo mondiale; da tre edizioni consecutive, infatti, vengono eliminate nella fase a gironi quando si presentano da campioni in carica (Francia nel 2002, Italia nel 2010 e appunto la Spagna quest’anno).

Per il terzo gradino del podio ci sono, si far per dire, diverse pretendenti. L’Inghilterra parte sempre con grandi aspettative e puntualmente si scioglie come neve al sole. A parte la vittoria a domicilio del 1966 (peraltro viziata dal gol fantasma di Geoff Hurst nei tempi supplementari), il miglior risultato è la semifinale conquistata a Italia ’90; troppo poco per gli inventori del football, che addirittura non parteciparono alle prime tre edizioni della Coppa Rimet in segno di superiorità rispetto alle altre nazionali, riservandosi il diritto di invitare a misurarsi con loro le squadre di volta in volta ritenute degne. Cocente delusione anche per la nazionale azzurra, giunta alla seconda eliminazione consecutiva nella fase iniziale del torneo, anche se queste due spedizioni fallimentari non rappresentano il peggior risultato ottenuto dall’Italia nella storia della Coppa del Mondo: a cavallo tra il 1950 ed il 1966, infatti, l’Italia ha collezionato quattro eliminazioni consecutive nelle battute iniziali della rassegna iridata, intervallate addirittura dalla non qualificazione all’edizione del 1958 in Svezia. Tuttavia, la medaglia di bronzo delle delusioni la merita, a mio avviso, l’Olanda. Potreste replicarmi: “Ma come? È arrivata in semifinale ed ha perso solo ai calci di rigori”. Vero, ma in questo caso ad essere perdente non è tanto la spedizione brasiliana, quanto la storia della nazionale orange. Nella storia della Coppa del Mondo ha collezionato tre finali terminate con altrettante sconfitte (Germania 1974 – Argentina 1978 – Sudafrica 2010: primato negativo in condominio con l’Argentina che però ha colto due successi). Questo primato è valso agli arancioni la scomoda etichetta di perdenti di successo per via del gioco spumeggiante e soprattutto innovativo che nel corso della storia hanno saputo offrire alla platea mondiale. Nulla di tutto ciò si è visto però in Brasile, soprattutto nella fase ad eliminazione diretta. Squadra arroccata in difesa e quasi mai efficace in fase offensiva nelle partite che contavano, proprie quelle che in fin dei conti sono valse all’Olanda lo scomodo fardello che per almeno altri quattro anni dovrà portare sulle spalle.

Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.” – così Alessandro Manzoni chiudeva i Promessi Sposi. Molto più modestamente vi esprimo lo stesso pensiero, ho fatto del mio meglio e se vi ho tediato non abbiatene a male, neppure io l’ho fatto apposta.

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Luca Brizzi

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