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Cronache irriverenti dall’universo femminile del fitness

Questo post è di natura decisamente diversa rispetto a quelli pubblicati su questo blog: non sono un’esperta di sport, sebbene nella mia vita abbia avuto qualche esperienza sportiva. Inoltre, come anticipato dal titolo, questo post sarà parzialmente frivolo. Dopo questo tentativo di mettere le mani avanti mediante un maldestro tentativo di captatio benevolentiae, direi quindi che sono una sorta d’intrusa, che spinta dalle richieste dei miei amici blogger e da un non troppo latente egocentrismo, ha deciso di riportare il suo punto di vista su un argomento, che almeno in parte, si avvicina ad una tematica sportiva: il mondo del fitness.
Partiamo dal principio: il mio avvicinamento al mondo dello sport è stato fortemente influenzato dall’assidua visione in età infantile di svariati cartoni animati, nello specifico Hilary la ginnasta e l’immancabile Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo. Per questo gli sport che ho praticato dall’infanzia all’adolescenza sono stati proprio la ginnastica (nel mio caso artistica e non ritmica come quella di Hilary, ahimè) e la pallavolo.

Vi confesserò che lo sport mi piaceva, mi piaceva proprio. E sarò banale a ribadire quanto sia importante far praticare uno sport ai bambini, perché lo sport permette allo stesso tempo una relazione con gli altri, ma sopratutto un continuo confronto con noi stessi, con i nostri limiti e con le nostre aspirazioni. Ovviamente può essere praticato a diversi livelli e con scopi differenti, ma l’aspetto ludico non va in nessun modo sottovalutato. Nel mio caso, ad un certo punto, questa magia dello sport si è interrotta e con l’avvento dell’adolescenza la parte più asociale di me ha preso il sopravvento, non sentivo la mancanza dello spirito di squadra, allo stesso tempo un’eccessiva pigrizia non mi stimolava nemmeno a praticare sport individuali. Non immaginatevi che sia diventata una sorta di sfinge immobile, o di pigra consumatrice di patatine seduta sul divano nell’estremo sforzo dello zapping (solo ogni tanto). Semplicemente avevo deciso di auto-privarmi del piacere, ma anche con molta auto-indulgenza, della fatica e dell’impegno, di praticare uno sport.

Così sono trascorsi parecchi anni, finché subito dopo essermi laureata ho deciso di fare un esame di coscienza: guardandomi con occhio critico allo specchio, cosa che noi donne prima o poi facciamo, ho realizzato che dovevo fare qualcosa per la mia forma fisica, e che se proprio non potevo e non volevo più prendermi l’impegno di praticare uno sport, potevo tentare con un surrogato che ora va molto di moda: il fitness. Contemporaneamente ho scoperto la montagna, complice la lettura suggestiva del mio amato Thoreau e ho cominciato a nutrire fantasie su una vita into the wilde, su camminate montane e su una nuova connessione con il mondo della natura.

Da qui potete dedurre che il mio animo si divide spesso tra pragmatismo (fitness) e spiritualità (escursioni montane) e a seconda dei periodi un aspetto ha il sopravvento sull’altro. Per farla breve, ultimamente ha avuto il sopravvento il pragmatismo e da un anno a questa parte mi sono iscritta in palestra. Ci tengo a sottolineare che secondo me il fitness e lo sport possono essere due cose molto diverse. Diciamo che principalmente il fitness ha apparentemente più a che fare con la mania imperante del tenersi in forma, della ricerca spasmodica del benessere, del prendersi cura di se stessi. Questa breve descrizione è di una banalità allarmante, ci sono diverse discipline che rientrano nel fitness, con diverse caratteristiche, ma non è mia intenzione dilungarmi su questo aspetto, ma piuttosto sulle dinamiche del mondo della famigerata palestra e su cosa ci spinge (e mi spinge) a frequentarla.
Quando mi sono iscritta devo dire che ero timorosa: quali corsi scelgo? Sarò in grado di sopravvivere a mezz’ora di addominali?
Quanto sarò ridicola a Zumba? Quando ballo ho le stesse movenze di un robot e la cosa non è volontaria.

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Ebbene si, anche io per un attimo mi sono fatta cogliere dalle incertezze che spingono molte donne a non intraprendere un’attività sportiva: la paura dell’inadeguatezza. A differenza dell’Inghilterra (che ha dovuto ricorrere a campagne di sensibilizzazione come This Girl Can), in Italia, secondo dati Istat, anche se ancora inferiore a quello degli uomini, il numero di donne che pratica sport è in aumento. Tuttavia anche nel nostro paese le donne risentono della pressione di aderire a determinati canoni estetici, in continuo mutamento. Ultimamente un fisico muscoloso è preferito ad un fisico semplicemente magro e grazie a personaggi di dubbio gusto come Kim Kardashian un lato b di proporzioni smisurate è diventato desiderabile. E qualcuno si scatena persino nella pratica del belfie (per chi non lo conosce, si tratta di un selfie che ha come protagonista il culo).

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Una sola parola d’ordine per avere un fondoschiena muscoloso: squat. Se disgraziatamente l’insegnante propone un corso a scelta, la maggioranza delle donne richiede un allenamento gambe e glutei, come se mezz’ora potesse compiere miracoli, che nemmeno un viaggio a Lourdes potrebbe garantire. La palestra diventa un teatro dove le donne interpretano ruoli diversi: c’è l’esperta, che frequenta tutti i corsi e passa almeno tre ore al giorno ad allenarsi (generalmente ha superato la quarantina e vanta un fisico che nemmeno a diciassette anni mi potevo sognare); la volenterosa, che a costo di scoppiare, per orgoglio esegue tutti gli esercizi anche se alla fine sta per svenire: si posiziona per prima, praticamente sopra lo specchio e l’insegnante, ligia al dovere e cerca di superare i suoi limiti; c’è poi la rilassata, che vive con serenità l’attività fisica, si diverte e cerca di non esagerare, se non riesce a fare un esercizio non si dispera; infine la timida, che si mette in fondo e cerca di passare inosservata, probabilmente nella maggioranza dei casi esegue decentemente gli esercizi, ma è troppo timorosa e si inibisce (complice anche l’atteggiamento aggressivo delle volenterose).
Vi chiederete, in che categoria ricado io? Tra la volenterosa e la rilassata: da un iniziale atteggiamento timido, sono presto passata all’esaltazione, che mi ha portato qualche volta ad affermazioni alquanto imbarazzanti: “guarda che bicipiti mi sono venuti!“, “sono bravissima a fare streching“, “diventeremo delle Jill Cooper“. Mi sono fatta delle aspettative sui risultati estetici che potevo ottenere? Sicuramente. Sarei bugiarda ad affermare il contrario, ma sono anche consapevole del fatto che non diventerò mai come Jill Cooper, né tanto meno uno dei meravigliosi angeli di Victoria Secrets.

Me ne sono fatta una ragione, oltre che per evidenti limiti fisici, non rinuncerei mai alle mie amate birre artigianali e con orgoglio ho deciso di avere in generale un approccio edonistico alla vita. Fare fitness in questo preciso momento storico mi fa sentire bene e mi dà l’illusione di recuperare parzialmente il tempo perduto in ambito sportivo, senza troppo impegno. Anche se in modo frivolo, è importante rivendicare il diritto delle donne ad essere sé stesse nello sport e nel fitness, spregiudicate ed esibizioniste, oppure timide ed impacciate, perché, oltre che portare oggettivi benefici fisici, la pratica di un’attività sportiva, o semplicemente del fitness, può contribuire ad avanzare nel difficile percorso di accettazione di sé stesse. Perché in fondo le ragazze vogliono solo divertirsi.

Credit Image: Mark Gervais

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Maria Canepa

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