La partita è finita da nemmeno mezz’ora. Fa caldo. È un giorno di metà giugno del 1996 e la Ternana è purtroppo rimasta in serie C2. Pennacchietti – un carneade qualunque della Fermana – ha appena gelato il Libero Liberati al 94′. A nulla sono valsi i gol di Borrello e Clementini che avevano rimediato allo svantaggio dell’andata. Saranno proprio i marchigiani a salire di categoria superando, pochi giorni dopo, il Livorno ai rigori nella finale dei play off. Fa caldo, si diceva, e fuori dallo stadio c’è un po’ di casino. Ad alcuni monta su la rabbia tipica di chi ha preso – al buio e senza preavviso – un cazzottone di quelli che fanno male il doppio. La polizia lancia qualche lacrimogeno, ci sono un fuggi fuggi generale e un paio di sirene che ululano. A un tratto dietro di te vibra un barrito: “BASTARDI… BELÍN!”. Ti giri e vedi un mammut con la maglia della Sampdoria addosso. La Ternana è anche la “sua” squadra.
In quell’anno lì la Sampdoria, allenata da Sven Göran Eriksson, era arrivata ottava in serie A, battendo l’Inter a Milano e la Juve a Torino. In porta aveva Zenga, davanti Chiesa e Mancini, a centrocampo Seedorf. Ora, cosa spinga un corpulento blucerchiato a sopportare 500 chilometri per assistere – nella canicola – a una partita di play off del campionato di C2 è uno dei quei misteri che chi non segue le cose di calcio non capisce. C’è una parola che lo spiega, però: ge-mel-lag-gio. I gemellaggi tra tifoserie sono una specie di flirt moralmente accettato, un aperitivo con la migliore amica di tua moglie, una svirgolata verso la poligamia sentimentale. Il tifoso rossoverde tiene anche per la Samp? In fondo che male c’è? Si possono amare le Fere e avere un debole pure per Atalanta e Livorno. A volte ci si può anche concedere una scappatella estiva con una straniera, tipo l’austriaca Tirol Innsbruck. Solo i matrimoni inossidabili sanno contemplare la fedeltà plurima. Il gemellaggio è in fondo un rinvigorente dell’Amore vero. Anche se bisogna fare attenzione. Alcuni nascono da lampanti affinità elettive, oltre che dalla proprietà transitiva (i nemici del mio nemico sono miei amici). Altri, invece, sono semplici invaghimenti, frutto – il più delle volte – di simpatie casuali e di bovarismo d’accatto.
È come per i cartelli alle porte dei centri abitati: che Assisi sia gemellata con Betlemme un po’ lo metti in conto, ma che Ascoli Piceno abbia una corrispondenza d’amorosi sensi con Chattanooga non è credibile. Detto questo, sapere che tra i tifosi della Ternana e quelli del St. Pauli – la seconda squadra di Amburgo, attualmente nella serie B tedesca – c’è del tenero è una cosa che… ebbene sì, Assisi-Betlemme fisso. Il St. Pauli Football Club è una specie di Terza Internazionale del calcio, però molto più anarchica. È la squadra dei portuali, dei “freak” e delle prostitute. St. Pauli – dicono i suoi tifosi in Paulinen Platz, il primo film sulla storia di un club di calcio – è “uno stile di vita”. Insomma, per una città di tradizione operaia e libertaria come Terni una simpatia certamente non casuale. E anche il gemellaggio con la Sampdoria sembra possedere – in tono sicuramente minore rispetto ai tedeschi – una sua ragione socio-esistenziale.
“Sampdoria-Genoa – scrive Beppe Di Corrado in Sopra la panca – è la periferia contro il centro, borghesi contro proletari, antichi contro moderni”. Ternana come St. Pauli e Samp – dunque – in una sorta di lotta di classe calcistica un po’ manierata. Ora, ad Amburgo non saprei dire, ma a Genova – visto che ci abito da una quindicina d’anni – posso assicurare che lo spartiacque tra proletariato e borghesia non risulta di così facile decifrazione. Tanto che conosco un sacco di genoani orgogliosamente proletari. Del resto, ormai anche nel calcio, non sai mai dove finisca la realtà e dove inizi il brand. E forse è proprio per questo che – al di là di ogni gemellaggio o posa sociale – gli aperitivi è molto meglio berli con la propria consorte.
Hasta siempre la Ternana!
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