Chi non ricorda la famosissima rovesciata di Pelè nel finale di Fuga per la vittoria, film di John Huston che vedeva tra i protagonisti anche Sylvester Stallone nel ruolo di portiere? Il film è liberamente ispirato a quella che sarebbe passata alla storia come La partita della morte, partita di calcio che si tenne a Kiev il 9 agosto del 1942, durante l’occupazione nazista, tra una selezione di giocatori della Dynamo Kiev e Lokomotiv, chiamata Start, contro una squadra tedesca denominata Flakelf, composta da soldati e ufficiali della difesa antiaerea, aviatori e meccanici dell’aeroporto militare di Kiev.
Questa partita, vinta sul campo dalla Start per 5 a 3, divenne nel corso degli anni un forte simbolo di eroismo e resistenza contro l’invasore nazista e utilizzata dal regime sovietico con fini propagandistici. Cercando “Partita della morte” su un qualsiasi motore di ricerca, la pagina dedicata da Wikipedia restituisce una versione secondo cui buona parte dei componenti della Start sarebbero stati uccisi dai tedeschi per vendicare il disonore della sconfitta sul campo. Possiamo dire che questa è la versione “canonizzata”, quella che gli stessi giornalisti sovietici contribuirono a diffondere e di cui si servì principalmente il potere russo, che aveva buon gioco a presentare i giocatori della Start come eroi morti per la patria.
Col passare degli anni e la successiva implosione dell’Unione Sovietica, alcuni giornalisti e studiosi sono riusciti a ricostruire la vicenda nella sua interezza, grazie anche all’acquisizione di alcuni numeri di Nove ukrains’ke slovo (quotidiano che circolava nel periodo dell’occupazione tedesca).
Il 22 giugno 1941 Hitler attaccò l’Urss con l’Operazione Barbarossa e il 19 settembre la Wermacht entrò a Kiev. Per la città occupata i nazisti elaborarono una complessa strategia, volta a riportare la vita sociale della capitale ad una forma di apparente normalità, anche attraverso lo svolgimento di attività culturali e sportive. Alcuni giocatori agli arresti delle principali squadre cittadine, la Dinamo e la Lokomotiv, furono rilasciati e si assistette alla nascita di nuove società sportive, tra cui il Ruch, polisportiva di matrice nazionalista gradita agli occupanti, la cui sezione calcio era curata da Georgij Svecov, ex calciatore dello Zeldor Kiev – successivamente ribattezzato Lokomotiv – che sotto il regime sovietico aveva visto frustrate le sue ambizioni di carriera in veste di dirigente sportivo.
Quello che Svecov non aveva considerato era la concorrenza di Josef Kordik, impiegato del Panificio industriale N.1 e grande appassionato di calcio, che fu in grado di riunire nella Start i migliori giocatori della Dinamo, che fino all’occupazione tedesca era stata la squadra più forte d’Ucraina. Particolare non secondario della vicenda, e che in seguito si sarebbe rivelato fatale per le sorti di alcuni calciatori, fu che almeno formalmente gli atleti della Dinamo erano anche agenti o graduati dell’NKVD, il Ministero dell’Interno Sovietico. Per farla breve, nell’estate del 1942 il Ruch, la Start e altre rappresentative calcistiche (composte da formazioni delle forze occupanti) diedero vita a Kiev ad un torneo, che vide il dominio incontrastato della squadra di Josef Kordik, forte di una superiorità tecnica schiacciante. Il mito della partita della morte viene in parte scalfito dalla realtà dei fatti: il 16 agosto, infatti, una settimana esatta dopo la partita incriminata, la Start incontrò i poco amati concittadini del Ruch umiliandoli con un perentorio 8 a 0.
Due giorni dopo nove giocatori della Start furono arrestati, e quattro di essi trovarono la morte di li a pochi mesi.
In Italia c’è chi ha tentato di svelare la realtà dei fatti di quel tragico periodo, inserendo la vicenda in un contesto storico-sociale di più ampio respiro. Abbiamo intervistato il Prof. Mario Alessandro Curletto, docente presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Genova, grande esperto di cultura e storia russa, autore del bel libro sulla nascita e lo sviluppo del calcio in Unione Sovietica: I piedi dei Soviet – Il futbol dalla Rivoluzione d’Ottobre alla morte di Stalin (ed. Il Melangolo). Nel libro è contenuto un documentatissimo capitolo dedicato alla partita della morte, nel quale, per la prima volta in lingua italiana, gli accadimenti e le successive rielaborazioni vengono messi di fronte alla realtà dei fatti, così come è emersa dalle minuziose ricerche dell’autore.
Come nasce il mito della partita della morte?
«Subito dopo la liberazione di Kiev dai nazisti, alcuni giornalisti sovietici arrivati in città, basandosi sulle testimonianze di chi aveva assistito alle partite dell’estate ’42 e tramite i racconti di ex-internati nel campo di concentramento di Syrec, elaborarono una ricostruzione di ciò che avvenne alla Start, dando vita ad una versione della notizia in chiave patriottica. Questa versione risultava vantaggiosa per tutti. Intanto per gli stessi giornalisti che avevano trovato una storia accattivante per il grande pubblico, molto legato al calcio e ai famosi giocatori della Dinamo e della Lokomotiv (il calcio in Urss era infatti molto popolare dagli anni 30). In seconda battuta per il potere sovietico, che aveva bisogno di eroi ed esempi per le masse. E dato che la cosiddetta “partita della morte” è una chiara manifestazione di resistenza in una parte del paese, l’Ucraina centro-occidentale, che durante l’occupazione nazista non vide molti casi di rivolta contro l’occupante, l’episodio raccontato in modo propagandistico era più politicamente spendibile. Questa versione, infine, era favorevole anche agli stessi giocatori sopravvissuti, per cui lo scontro col nemico su un campo di calcio anzichè su quello di battaglia, poteva risultare una forma di collaborazionismo, col rischio di un processo e di una detenzione in qualche prigione o campo di lavoro. Venne quindi creata questa vulgata per il grande pubblico, che resiste ancora oggi e che accontenta un po’ tutte le parti in causa. Anche se, una volta confezionata e perfezionata nel corso degli anni, il riconoscimento ai caduti e ai sopravvissuti da parte delle istituzioni arrivò solo nel 1965 e con onorificenze di non altissimo livello. Sarà solo con la caduta dell’Unione Sovietica che la leggenda inizia a palesare alcune incongruenze, soprattutto grazie alle diverse versioni che emergono per bocca di alcuni suoi protagonisti, tra tutti Makar Goncarenko (che in quella partita segnò 2 reti)».
A proposito di Makar Goncarenko: sulla partita della morte e su quell’estate del 1942 ha rilasciato dichiarazioni contrastanti nel corso degli anni.
«Goncarenko è stato molto importante per la ricostruzione degli avvenimenti del 1942. Se non sbaglio nel 1984 continuò a sposare la versione ufficiale di una partita caratterizzata dal gioco durissimo a tratti violento dei tedeschi, arrivando a sostenere che il giorno successivo tutti i giocatori della Start furono catturati dalla Gestapo e poi torturati. Salvo poi, poco dopo la caduta del muro e la disgregazione dell’Urss, rilasciare dichiarazioni completamente diverse al giornalista Georgij Kuz’min, il quale fu il primo a ricostruire fedelmente gli avvenimenti del 1942 e sul cui prezioso lavoro di documentazione mi sono basato anche io».
Però il mistero che avvolge la partita del 9 agosto 1942 contro la Flakelf è determinato anche dal fatto che i giornali nei giorni successivi non ne diedero alcuna notizia.
«Sicuramente la mancata pubblicazione sulla carta stampata di qualsiasi resoconto della partita ha contribuito ad aumentare l’aurea di mistero e quel processo di mitizzazione che poi ha portato ad accreditare la versione odierna. Il silenzio dei giornali, quando tutti gli altri match della Start avevano avuto grande eco, sicuramente ha qualcosa di strano. C’è anche da dire che le autorità naziste, nel corso dell’estate, operarono un brusco cambiamento di atteggiamento in materia di avvenimenti sportivi e di trattamento della popolazione civile, soprattutto a causa dell’arresto dell’avanzata nel cuore della Russia, grazie alla disperata difesa di Stalingrado. Inoltre, alla fine di luglio, il regime di occupazione si irrigidì notevolmente a causa dell’entrata in carica del nuovo governatore militare di Kiev».
Incongruente con la versione canonizzata della partita della morte è anche il fatto che quella non fu l’ultima partita giocata dalla Start.
«Esatto. La Start giocò un’ultima partita contro il Ruch, la squadra dei nazionalisti ucraini filo-tedeschi il 16 agosto, concedendo una specie di rivincita. In quell’occasione gli ex calciatori della Dinamo diedero una lezione spietata al Ruch, affossandoli in una partita senza storia con 8 reti a zero».
Dato che quella del 16 agosto contro il Ruch, in base alle cronache e alle notizie accertate, fu l’ultimo incontro giocato dalla Start, non è forse opportuno considerare questa come la partita che ha segnato i destini degli ex campioni della Dinamo?
«Considerando il fatto che due giorni dopo la partita col Ruch iniziarono gli arresti dei calciatori della Start e tenendo conto delle dichiarazioni di Goncarenko, per cui Svecov (patron del Ruch) insinuò pesanti accuse nei confronti della squadra avversaria, si può senz’altro ritenere che la partita del 16 agosto abbia un collegamento maggiore con i tragici eventi dei mesi successivi rispetto alla partita contro la rappresentativa tedesca del 9 agosto. Ci sono anche varie incongruenze sugli eventi immediatamente successivi all’arresto di alcuni giocatori della Start. Uno su tutti mi è rimasto impresso: l’arresto, le torture e la successiva morte del calciatore Nikolaj Korotkich, caduto nelle mani della Gestapo e ucciso perchè accusato di essere membro dell’NKVD. Formalmente tutti i giocatori che militavano nella Dinamo erano dei militari, quindi chiunque vi avesse militato doveva essere considerato tale. Korotkich, dei quattro giocatori che persero la vita per mano dei tedeschi, fu l’unico nei confronti del quale la Gestapo giudicò inconfutabile la sua appartenenza all’NKVD. La domanda, quindi, è perché precedentemente la Gestapo non abbia tenuto conto di questa cosa? Probabilmente, all’inizio dell’occupazione ucraina, quando pareva che gli eventi bellici fossero favorevoli, i tedeschi non ebbero interesse a controllare tali appartenenze. Dopo si trattò di pura e semplice rappresaglia».
In conclusione: perché il mito della “partita della morte” resiste fino ad oggi? Nonostante ricerche documentate ne abbiano evidenziato molteplici incongruenze?
«Mi sembra di aver letto sull’argomento un articolo spagnolo che a riguardo parlava di una bella storia di sport, una storia appunto, sulla quale si sono sedimentate nel tempo versioni sempre più ricche di particolari anche se inesatte. D’altronde quella partita si è giocata veramente e comunque in quella situazione storica ha assunto connotati tali che l’hanno elevata a qualcosa di più di un semplice evento sportivo. Inoltre quattro giocatori hanno effettivamente perso la vita ad opera dei nazisti pochi mesi dopo, anche se pare per cause non ricollegabili in alcun modo a quella partita. Il mito della “partita della morte”, infine, si è arricchito anche di un nuovo capitolo con l’uscita di un film russo del 2012, intitolato The match, che prosegue la versione classica di uno scontro mortale giocato sul campo da gioco».
Credit Image: Betirri Bengtson
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