Ciò che può compiere un partigiano, indipendentemente da valutazioni di valore personale, è differente da ciò che può compiere un soldato di un reparto regolare. Chi crea è diverso da chi esegue, chi fa volontariamente una cosa è differente da chi vi è costretto, chi persegue un ideale costruttivo non è eguale a chi soddisfa un precetto legale. Nel secondo potrà esistere volontà e determinazione, ma difficilmente entusiasmo.
Siamo all’inizio del 1944, Giordano Bruschi, “Giotto” il suo nome di battaglia, ha quasi 20 anni ma è mingherlino, sembra più giovane. Si è unito da tempo alle formazioni partigiane genovesi che, proprio in quel periodo, decidono di compiere un sabotaggio a Pontedecimo facendo saltare un traliccio dell’energia elettrica. Ma a Pontedecimo, i resistenti non hanno abbastanza esplosivo. Si decide allora di portarlo da Genova e il compito viene affidato proprio a Giotto. Parte a piedi: una borsa col doppio fondo, un paio di calzoni corti e sottobraccio un pallone. E qui entra in gioco l’importanza del pallone. Giotto ha una specialità, il cosiddetto asso nella manica: i palleggi di testa, il suo record era di 42 palleggi consecutivi. Si avvia a piedi, la borsa col tritolo da una parte, il pallone dall’altra. Arrivato a Sampierdarena c’è il posto di blocco dei soldati tedeschi. Giotto ha paura. Le borse delle donne vengono perquisite, gli uomini rischiano di essere fermati. Lui vede il posto di blocco e si ferma a un centinaio di metri. Posa la borsa con l’esplosivo per terra e inizia a tirare calci al pallone contro un muro, poi inizia a fare “la foca” col pallone. I soldati tedeschi lo guardano, dapprima incuriositi poi iniziano a chiamarlo. Sono giovani anche loro e chiedono la palla. Giotto li sfida allora a chi fa più palleggi e iniziano a giocare. Nessuno guarda più la borsa posata per terra. Dopo un po’ Giotto prende la borsa, loro gli chiedono il pallone e lui glielo lascia. Il giorno dopo Pontedecimo rimane al buio e un ragazzino di nemmeno vent’anni viene visto palleggiare allegramente per le strade della Valpolcevera.
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