Era il 19 dicembre del 1909 quando un gruppetto di giovani scontenti di quello che oggi chiameremo main sponsor, ovvero la parrocchia locale, decise di mettersi seduto ad un tavolo, birra in mano, a pensare alla fondazione di una squadra tutta loro. A padre Dewald non piaceva molto questa deriva presa, in una birreria poi, e la cosa è buffa se si pensa quanto il buon Dio abbia riversato nell’uomo e nei tedeschi l’amore per la birra. A nulla valsero le opposizioni, addirittura si dice che il parroco fu tenuto fuori dal locale con maniere non proprio ortodosse. Insomma, questa squadra si doveva fare. La casacca era molto diversa dall’attuale: strisce bianche e blu, cintura rossa e il più classico dei bianchi per i pantaloncini a vita alta. Solo qualche anno dopo il giallonero ornò la squadra della Renania settentrionale.
Gli anni passavano e gli scenari mondiali mutavano, i cieli si scurivano di odio e nazionalismi beceri: venne il primo conflitto mondiale, terrificante, e poi un’altra sciagura, il Terzo Reich. Con esso il Presidente del Borussia venne destituito: stoico decise di non aderire al partito nazista, alcuni dirigenti arrestati, altri giustiziati per analoghi motivi. Il conflitto terminò e venti di pace permisero di spazzar via pian piano il marcio dall’Europa. Nel 1963 nasceva la Bundesliga e ovviamente il Borussia venne ammesso tra le 16 squadre della massima competizione. Segno del destino: il primo gol della nascente serie fu segnato proprio da “Timo” Konietzka, contro il Werder Brema. Il suo vero nome era Friedhelm ma veniva così soprannominato per la sua somiglianza al generale sovietico Timoschenko. Il gol ha assunto le sembianze di qualcosa di mitico, un lampo a nemmeno 1′ dall’inizio della partita, tanto che nessun fotografo o cineoperatore presente al Weserstadion di Brema fece uno scatto del momento. Sull’edizione del giorno dopo della Bild non vi era traccia di nulla, perché il giornalista incaricato di immortalare l’incontro non aveva fatto in tempo a posizionare l’attrezzatura fissa. Quello fu il gol “fantasma”, il primo segnato nella neonata Bundesliga. I gialloneri persero 3-2, ma Timo divenne una vera e propria bandiera con 8 stagioni da giallo-nero, 160 presenze e 120 gol in carriera (secondo come media realizzativa solo a Gerhard Muller). Personaggio carismatico, cominciò la carriera facendo il minatore di giorno sulle orme del padre e allenandosi alla sera; smessi i panni sporchi del lavoro in miniera venne assunto all’interno di una fabbrica di birra. Si è ammalato ed è morto nel 2012 tramite suicidio assistito in Svizzera, lasciando una significativa lettera alla famiglia e a chi gli era stato vicino.
Per il Dortmund arrivarono anche gli anni bui nei primi anni ’70, con annessa la retrocessione. Tornò in Bundesliga dopo 4 anni di purgatorio e dagli anni ’80 risorse come la fenice inanellando una serie di risultati positivi; si rialzò e cadde di nuovo, compresa l’eliminazione durante un ottavo di Coppa delle Coppe contro la Sampdoria (’89/’90). Poi di nuovo difficoltà, lo spettro del fallimento nel 2002 e il rischio retrocessione in Zweite Bundesliga nel ’06/’07. Mancava quel salto di qualità, quel quid – come dicevano i latini – necessario per essere tra i grandi.
Ed è nel 2008/2009 che Jurgen Klopp diventa allenatore. Personaggio particolare, grande tattico, forza mentale straripante, anche se a volte la sregolatezza prende il sopravvento. Ma è con lui che si fanno più limpide le idee e queste cominciano a prendere forma con una finale vinta di Supercoppa di Germania contro i rivali del Bayern Monaco: la forza dei soldi e del rigore teutonico. Klopp metterà sempre davanti a tutto la forza del gruppo, delle idee e dei giovani, contro quello dello strapotere economico. Come scriveva Puskin: «Due idee fisse non possono esistere contemporaneamente nel campo morale, come nel campo fisico due corpi non possono occupare il medesimo spazio». Klopp questo lo sa bene. Il suo calcio non è il tiki taka di Guardiola, ma un calcio veloce, dove viene maniacalmente curata la fase di non possesso. Gli esterni devono essere rapidi e uno di loro si può trasformare in punta nel momento in cui un centrale offensivo arretra per dare copertura. In fase mediana, a palla lontana, la punta rimane solitaria davanti e a pochi metri il trequartista sempre pronto ad un’eventuale ripartenza. Fisicamente, certo, questo modulo non dà scampi, neanche alla concentrazione.
Una sera, sul finire del 2012, il compare e socio di blog Simone ci invitò a casa sua. Il clima era quello delle grandi occasioni: «Ragazzi, io e Toma ci sposiamo!».
Felicità e commozione: «quando ragazzi?»
«Il 23 maggio».
Le dita frenetiche della parte maschile volavano sui cellulari, scorrendo le agende, il tono si fece più gelido a dispetto della meravigliosa notizia appena ricevuta: «Simo, ehm, c’è la finale di Champions: Borussia Dortmund vs Bayern Monaco».
Quello fu un giorno meraviglioso, i parenti arrivati dalla Lituania suscitavano curiosità: Alfredas, idolo della serata, ad un certo punto tirò fuori qualche bottiglia di liquore. Il tasso alcolemico era alto, mentre a Londra la forza delle idee impattava contro una robusta diga rappresentata dal Bayern Monaco. Quella sera di maggio pioveva e faceva freddo, un clima insolito per la stagione e al taglio della torta nuziale il risultato volgeva a favore dei bavaresi: 2-1 per il Bayern.
Il 2015 non si è aperto nel migliore dei modi e la stagione ha preso da subito una piega sbagliata: il Dortmund ha rischiato addirittura la retrocessione, ma ha concluso il campionato al 7° posto nonostante le avversità.
Il 15 aprile 2015, Jurgen Klopp ha annunciato le sue dimissioni.
Il 23 maggio 2015, con uno strano incrocio del destino, proprio contro il Werder Brema e con lo stesso risultato ma a parti invertite ottenuto nel 1963, il Muro Giallo ha ringraziato il tecnico a modo suo, da tifoseria unica al mondo. Un enorme stendardo a centrocampo con la sigla BVB (Ballspiel-Verein Borussia 09), la sua effige su un drappo gigantesco al centro della gradinata e la scritta “DANKE JURGEN”. Non “Mister” o “Klopp”, ma Jurgen nome di battesimo, informale. Emblematica l’espressione sul suo volto, gli occhi lucidi mischiati alla pioggia che cadeva su Dortmund, a scaricare la tensione delle lacrime più profonde in un applauso rivolto alla tifoseria che ha di fronte. E poi Jurgen si è seduto, sul prato davanti alla gradinata che gli rendeva omaggio e i suoi giocatori dietro di lui ad applaudire, commossi in volto.
Dicono che si prenderà un anno sabbatico, per riordinare le idee. Io dico che un tecnico come Klopp bisognerebbe clonarlo e spargere le sue idee tattiche nel mondo del calcio.
Danke Jurgen, grazie. Per portare avanti le idee, linfa vitale di tutte le passioni.
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