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Nella mente dell’arbitro

È un lavoro difficile e molto stressante, ma qualcuno deve pur farlo. Quasi sempre sono incolpati di un presunto errore, di una interpretazione discutibile, di una mancanza. Tendono ad essere meno rigorosi nei confronti dei top club e dei top player e ad avere più grazia riguardo ai connazionali. La figura dell’arbitro porta alla mente una tragedia: se il rendimento è alto o sufficiente, ecco la minima pacca sulla spalla; se la performance invece è sotto il 6, c’è l’inevitabile esposizione al pubblico disprezzo. Dai titoli dei giornali alle rivendicazioni degli addetti ai lavori, passando per gli insulti alla mamma del direttore di gara, fino alle minacce fisiche o di morte. Come capitò a Tom Henning Ovrebo dopo Chelsea-Barcellona nel 2009: venne quasi aggredito dai calciatori blues, che lo accusavano di due rigori non assegnati, pesantemente insultato dai tifosi e costretto alla scorta fino all’aeroporto per rientrare a Oslo. Nel 2012, a tre anni di distanza, la sua vita non era ancora tornata normale.
Nel calcio la prestazione dell’arbitro è analizzata, se non addirittura vivisezionata (come accade in Italia), eppure spesso chi si occupa della moviola, dopo la visione di numerosi replay non è ancora certo della sentenza. Gli arbitri, è bene ricordarlo, non hanno il microscopio e soprattutto non possono andare avanti e indietro con l’azione.

 

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Percezioni

Uno dei leitmotiv da stadio è arbitro casalingo. Meno falli fischiati, meno sanzioni, più tempo di recupero per chi ospita il match (se necessario). Basta chiedere a chi guarda Real Madrid e Barcellona al Santiago Bernabeu e al Nou Camp. E se il tifoso può non essere attendibile, lo sono certamente di più Garicano, Palacios-Huerta e Prendergast che hanno osservato l’atteggiamento dei direttori di gara nel campionato spagnolo nello studio Favoritism under social pressure. Quando i due top club stanno vincendo, la media dell’extra time supera di poco i 110 secondi medi (i canonici 2 minuti); quando Real e Barça non sono in vantaggio (non frequentemente a dire il vero), il recupero non va sotto i 200 secondi (3 minuti abbondanti). Alla spagnola: porqué? Risposta: il pubblico. I tifosi della squadra di casa sono la maggioranza fisica e sonora e spesso trasmettono ai giocatori sul campo l’identità di spirito: è una pressione a distanza e ravvicinata sull’arbitro, che percepisce senza difficoltà i desideri dell’ospitante. Il problema sorge quando quella pressione supera il self-control per prendere la propria decisione. Nel primo decennio degli anni 2000, la costruzione di stadi nuovi senza piste di atletica ha generato un effetto collaterale: il pubblico è molto vicino al campo di gioco, ai giocatori e all’arbitro. L’acustica dell’Allianz Arena o dello Juventus Stadium sono impressionanti per chi vive la gara da curve e tribune, figurarsi per chi calca il prato e deve decidere se è rigore, punizione, ammonizione o espulsione.
Nevill, Balmer e Williams, esperti in psicologia dello sport, in The influence of crowd noise and experience upon referee decisions in football nel 2002 hanno studiato come la folla e il caos influenzino la decisione arbitrale. Moskowitz e Jon, invece, in Score Casting sono tranchant: un club vince molto più spesso in casa per l’operato non ostile dell’arbitro, piuttosto che per il pubblico galvanizzante.

La patria

I fratelli e professori di economia-statistica Pope hanno analizzato le ultime dodici Champions League e hanno annotato una tendenza: l’arbitro non si accanisce con i connazionali, anzi fischia il dieci per cento in più a favore di quelli. E ancora: se il match è avanti nel torneo, ad esempio semifinale della competizione, il vantaggio arriva fino al 25 per cento di fischi “pro patria sua”. Ricordando che è non previsto dal regolamento che un direttore di gara nato nel Paese X arbitri in competizioni internazionali club del Paese X, accade invece spessissimo che debba valutare le performance dei compatrioti. Nella scorsa stagione, il quarto di finale di ritorno tra Bayern Monaco e Real Madrid è stato arbitrato dal portoghese Pedro Proença: nei tedeschi zero lusitani, negli spagnoli tre. Per la cronaca, la gara è terminata 0-4 e il Real ha vinto la Champions.
Tornando al concetto di top e prestigio, è indubbio che la parola di Cristiano Ronaldo “pesi” di più di quella di Pepe, come quella di Robben “pesa” più di quella di De Vrij.

 

igKzkj1uPochi errori

I fratelli Pope dicono anche che gli arbitri di Champions League sono molto bravi: commettono pochi errori, ma purtroppo per loro quasi sempre rimarcati. Chi studia le decisioni del direttore di gara tiene in considerazione molti aspetti: lo spettatore che gli urla contro, lo stipendio ricevuto dalla Federazione, il rischio licenziamento. C’è anche la disputa tra razionale e irrazionale: perché l’arbitro non pensa al fatto che la decisione sbagliata indotta possa procurare la perdita del lavoro? La ricerca non fa la pagella all’arbitro, lo aiuta: il migliore è quello che applica il regolamento e che resiste alla pressione. E La tecnologia? Serve, ma non troppa. La GLT (Goal Line Technology, gol/non-gol) ha preso il via al Mondiale per Club del 2012 e da questa stagione è attiva e molto utile anche in Serie A. Per molte altre situazioni, soprattutto i fuorigioco, le interpretazioni possono essere molteplici e con un grado di certezza variabile. Interrompere un match e visionare un episodio anche solo per due minuti, è qualcosa di non plausibile; il discorso vale soprattutto in campionati come quello italiano, non dal gioco propriamente vivace. Andando nel caso specifico: se quindici secondi dopo un evento di dubbia valutazione una formazione fa gol, come ci si comporta? La moviola in campo potrebbe dire che l’episodio avrebbe necessitato di una interruzione, e la segnatura?

I fischi d’Italia e d’Europa

Gli analisti sportivi di Sportsmatrix hanno messo sott’occhio gli arbitraggi dei cinque maggiori campionati europei nella stagione 2014/15.
All’inizio dell’anno in corso, l’ex arbitro inglese Poll sbottò: «Periodo disastroso per i fischietti del nostro Paese, penso sia il peggior momento della storia che io ricordi».
La Premier League è quindi arbitrata peggio della Serie A, della Liga, della Bundesliga e della Ligue? Con grande sorpresa di Poll, i direttori di gara d’Inghilterra (2°) commettono solamente 0.86 errori a partita, peggio solo dei tedeschi (1°) con 0.71. I nostri arbitri, invece, hanno la medaglia di bronzo (3°) sbagliando 0.87 ogni gara. I meno bravi sono quelli francesi e spagnoli: 0.92 errori in Ligue 1 (4°) e quasi un errore in Liga (5°), 0.98.
Sportsmatrix ricorda anche come esista l’errore di concetto, l’errore di interpretazione e soprattutto l’errore che “sposta” l’esito della gara: un gol buono annullato, una espulsione esagerata, un calcio di rigore non assegnato, un fuorigioco di un metro sfuggito. Forse Poll ha esagerato, ma ha dimostrato di guardare con attenzione le gare di Premier: il 35% degli errori commessi da arbitri inglese sono significativi; il secondo dato peggiore è quello spagnolo, con un valore del 29%. C’è coerenza, infatti la Bundesliga si conferma la meglio arbitrata (18%), mentre la nostra Serie A si piazza bene (24%), meglio della Ligue 1 e del suo 26 %.
Gli scarti tra arbitri dell’Inghilterra e degli altri Paesi europei sono corposi. In Premier League il ritmo del gioco è accelerato, c’è intensità e spesso l’arbitro non è nei pressi dell’evento dubbio; il fattore delle simulazioni non è una discriminante, perché i calciatori che giocano in Inghilterra sono tra i più corretti.
Certo che non può essere solo sfortuna, Poll sarà d’accordo.

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Giacomo Scutiero
Amo la Juventus e scrivere. Abitualmente le due cose si abbracciano.
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