Ogni sabato pomeriggio gli occhi e le attenzioni di gran parte degli amanti del calcio di tutto il mondo sono concentrati sui campi britannici. Miliardi di euro di diritti tv, stipendi più alti della media e un campionato in cui anche una piccola squadra ha il potere di comunicare qualcosa. E non a caso sono molti i capitali investiti nel football in terra d’Albione negli ultimi dieci anni.
A pochi chilometri dai sontuosi e innovativi stadi, o meglio, a qualche fermata di treno, c’è però una delle realtà più affascinanti del panorama calcistico inglese: il Wimbledon. Nato nel 1889, ha navigato per gran parte della sua storia nella non-league (calcio dilettantistico). The Dons, così soprannominata la squadra di sud-londinese, ha esordito in quarta serie solo nel 1977-78, avendo però una rapidissima crescita che in breve tempo l’ha portata ad arrivare in prima divisione in meno di dieci anni. Nonostante lo scarso seguito, proprio a causa della scarsa rilevanza storica (basti pensare che nel primo anno di first division si sono registrati solo 7 000 fans allo stadio), i Wombles nel 1988 sconfissero il Liverpool a Wembley, alzando al cielo la prima FA Cup. Il debutto europeo, però, venne negato proprio a causa dell’esclusione delle squadre inglesi dopo i fatti dell’Hysel.
Viste le ottime stagioni, gli spettatori continuarono a salire (17000 di media) e il club fu anche tra i fondatori dell’attuale Premier League. La cui nascita, però, segnò l’inizio del suo declino. Plough Lane, infatti, lo stadio che ha sempre ospitato le partite casalinghe, non rispettava gli standard dell’allora neonata lega, tanto che il Wimbledon arrivò a dividere il campo con quello del vicino Crystal Palace. Iniziò così un periodo difficile che culminerà con la retrocessione nel 2000 in Champioship, gli spettatori tornarono 7000 e i ricchi proprietari decisero di spostare la società a Milton Keyns: 100 km più a nord del borgo londinese. Tutto questo senza consultare i tifosi, che nell’arco di 24 mesi si trovano senza Premier, senza stadio e senza squadra. Ma soprattutto senza storia.
I supporters, però, decisero di non seguire la fusione con il Milton Keyns e, per la prima volta in Inghilterra, di creare un nuovo club posseduto direttamente dai tifosi. La nuova squadra da allora si chiama AFC Wimbledon e la sigla significa “a football club“, i colori sono gli stessi dell’originaria e il quartiere-base resta Wimbledon. La squadra è ripartita dall’ultima serie, costretta a giocare nello stadio del Kingstonian (che ha anche acquistato). Solo metà impianto è senza seggiolini ed i tifosi stanno in piedi sui gradoni di cemento come una volta; i tetti delle tribune sono in lamiera e una parte è addirittura scoperta; la distanza fra campo e spalti è meno di un passo e durante il riscaldamento i panchinari scambiano battute e risate con i tifosi.
Se passate da quelle parti, potrete sentire il rumore del pallone, l’odore del prato e assaporare davvero il gusto del calcio. L’unica barriera è una ringhiera che divide il settore ospiti da quello di casa e i biglietti si possono comprare direttamente al tornello (se ne rimangono ancora e i prezzi sono assolutamente ragionevoli). Dopo la partita, inoltre, ci si può fermare all’interno della tribuna per prendere una birra, guardare gli highlights e discutere del match.
Nell’arco di questi quasi 15 anni la squadra è cresciuta, salendo fino alla League 1 ovvero la nostra Lega Pro. La sua storia, però, è passata quasi inosservata al grande pubblico che invece conosce la squadra per Akinfenwa. Il giocatore, attualmente al Wycombe, era stato notato quando segnò in amichevole un gol al Chelsea. Sul web poi impazzirono le foto del colosso di 180 per 102 kg, famoso anche per un suo gol al Liverpool in un terzo turno di FA cup.
La nuova stagione è iniziata fra lo scetticismo degli esperti del settore che pensano che il club abbia già esaurito le proprie possibilità, vista la scarsità di fondi determinata dall’azionariato popolare. E in attesa della costruzione del nuovo stadio da 20 000 posti a Plough Lane, che è fondamentale la chiusura del cerchio.
L’ AFC Wimbledon è consapevole di aver scelto la strada più difficile e tortuosa. Ma chi l’ha detto che le strade più difficili non siano anche le più belle?
Guglielmo Schenardi
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