Che cosa è il calcio? Non esiste un’unica risposta a questa domanda.
La formulazione accademica lo definisce uno sport di squadra, praticato da due compagini composte da 11 giocatori e giocato con un pallone su un campo rettangolare con due porte. Ma il futbol è davvero solo questo? Obiettivamente, no.
Una delle tante risposte alla domanda potrebbe essere: passione.
Un amore che nasce la prima volta allo stadio con il babbo; che si fa adolescente nel fango delle maglie tirato via da una madre; che cresce con il primo bacio sulle gradinate di un campo d’asfalto; e che si fa adulto brindando alla nascita di una figlia negli spogliatoi di un campo in erba sintetica. Da 150 anni, più o meno, il calcio è questo e molto altro ancora: è vittoria e sconfitta; storia e arte; letteratura e musica; business e tifo. Segue l’evoluzione, il tempo, la società. Muove folle, denaro e sentimenti. Così è. Così è stato. E sempre sarà.
Amare il calcio, però, non significa necessariamente guardarlo con occhi nostalgici: il ricordo dei bei tempi andati, come le foglie, appassisce e poi muore. Amare il calcio, forse, significa provare a capirlo e cercare di dargli una dimensione più lenta, più sobria e meno esasperata. In 2 parole: più umana.
Per questo è nato PALO.INCROCIO.TRAVERSA!, una serie di incontri organizzati da Kowalski, ristorante e pub dall’est Europa, la libreria Falso Demetrio, e noi di Pagina2cento.it.
Tre appuntamenti (più uno) in cui si parlerà di calcio, letteratura e di tutto ciò che si può trovare fra questi due significati. Esperti, scrittori, appassionati, giornalisti e semplici curiosi si confronteranno sul mondo del pallone, lasciando per una sera fuori dalla porta i processi al singolo arbitro, i drammi del calciatore snob o le immediatezze compulsive del tifoso medio e concentrarsi, invece, sulle tematiche più profonde che il pallone evoca in ognuno di noi. Uno spazio di dibattito che, partendo dalla carta stampata, arrivi a parlare del giuoco più bello del mondo non solo come episodio della vita legato al semplice tempo libero, ma anche come fenomeno di costume globale in cui prendono forma ampie zone della Storia, una cospicua dose di filosofia e, in senso lato, una larga parte di tutto il buono che accade nella vita di milioni di persone.
Ogni incontro trarrà spunto dalle tematiche di un libro, per aprire poi un dibattito tra relatori e pubblico. Il tema del libro sarà sempre il punto di partenza, ma il percorso e l’arrivo delle diverse serate restano rigorosamente ignote. Si parte martedì 28 febbraio con la presentazione di 91° minuto di Giacomo Giubilini, consulente editoriale Rai, documentarista e sceneggiatore. Alla presenza dell’autore si parlerà di calcio, ma anche su cosa muove realmente quella palla che carambola tra i piedi dei calciatori: uno sguardo fuori dal campo per svelare come funziona un’industria globale che fattura miliardi. Il 21 marzo, invece, partendo da La vita è un pallone rotondo di Vladimir Dimitrijevic ci si tufferà nel piacere della divagazione calcistico-culturale: qual è il limite che accomuna calciatori come Pelé e Platini? Perché Beckenbauer è qualcosa di simile a un epigono di Paul Valéry? Perché questi tre esimi calciatori non reggono il confronto con Diego Armando Maradona? Un incontro per capire in che zona del campo e in quale minuto di quella partita chiamata esistenza ci si trovi. Il 10 aprile, poi, appuntamento con Gigi Riva, caporedattore centrale del settimanale L’Espresso, e la presentazione de L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra: nella tragica e violentissima dissoluzione della Jugoslavia un calcio di rigore sembrò contrassegnare il destino di un popolo. Un penalty divenne nei Balcani il simbolo dell’implosione di un intero Paese, e dei conflitti che sarebbero seguiti di lì a poco. Intuendo la complessità di un evento che sembrava soltanto sportivo, Gigi Riva racconta con attenzione da storico e sensibilità da narratore un tiro fatale, sbagliato il 30 giugno del 1990 a Firenze da Faruk Hadžibegić, capitano dell’ultima nazionale del Paese unito. Il 26 maggio, infine, completerà il cartellone degli eventi, la presentazione dei racconti vincitori del concorso letterario Il calcio in piazza. Il contest letterario vedrà come premio la pubblicazione dei quattro testi selezionati su un inserto speciale del menù del ristorante Kowalski, oltre alla presenza sulle pagine del sito di Pagina2cento.it. Tema del concorso, ovviamente, sarà il calcio in piazza: la cara e vecchia “piazzetta” intesa come luogo di crescita personale, di scambio sociale, curiosità amplificata e di apertura al mondo altro da sé.
28 febbraio 2017, Kowalski (via dei Giustiniani 3 – Genova), ore 19.30
Presentazione di 91° minuto di Giacomo Giubilini (Minimum Fax, 2016). Partecipa l’autore.
Modera: Simone Tallone di Pagina2cento.it
Un libro sul calcio, sullo sport più bello del mondo e sui suoi eroi, ma anche un’inchiesta su cosa muove realmente quella palla che carambola tra i piedi dei calciatori. Giacomo Giubilini allarga il nostro sguardo fuori dai campi da gioco per svelarci come funziona un’industria globale che fattura miliardi. Lo spettacolo del calcio viene mostrato come lo strumento più forte di costruzione del consenso per noi che siamo, di volta in volta, tifosi, consumatori, spettatori o semplici target. Immersi in un universo in cui tutti questi piani si mescolano, possiamo restare fedeli alle nostre mitologie, da quelle romantiche dei primi campioni a quelle ipermoderne di un David Beckham che apre le Olimpiadi di Londra del 2012 negando la sua stessa esperienza sportiva. 91° minuto è un’ambiziosa e meravigliosa opera-mondo con cui Giubilini ci svela l’essenza del calcio contemporaneo e perché lo amiamo ancora così tanto.
21 marzo 2017, Kowalski (via dei Giustiniani 3 – Genova), ore 19.30
La vita è un pallone rotondo di Vladimir Dimitrijevic (Adelphi, 2000)
Dialogo rosso-blucerchiato sul mondo del futbol
Ne parliamo assieme a Stefano Rissetto (giornalista e scrittore) e Matteo Macor (giornalista di Repubblica e Gazebo). Modera Giulio Nepi (di PapilleClandestine.it).
Il calcio pone questioni assai ardue, che forse per la loro intrinseca difficoltà vengono spesso evitate – o mal risolte – nei libri. Per esempio: qual è il limite che accomuna calciatori come Pelé e Platini? Perché Beckenbauer è qualcosa di simile a un epigono di Paul Valéry? Perché questi tre esimi calciatori non reggono il confronto con Diego Armando Maradona? Perché alla finale Brasile-Italia di USA ’94 è mancata l’aura che in genere caratterizza tali cerimonie planetarie? Qual è la colpa esasperante di Helenio Herrera? Quali sono i danni del «calcisticamente corretto»? Per quale maledizione i giocatori brasiliani non sono più capaci di segnare goal «accarezzando la palla»? A cosa si deve la «sclerosi democratica» che annichilisce le partite nella paura e nella noia? E infine: è in grado il calcio, «il re dei giochi», di sopravvivere all’epoca della sua riproducibilità televisiva? Soltanto un uomo temerario e inclassificabile come Vladimir Dimitrijević poteva affrontare questi temi senza batter ciglio. Tanto più che fu grazie al calcio (era un promettente centrocampista) se, dopo un’avventurosa fuga dalla invivibile Iugoslavia degli anni Cinquanta, Dimitrijevic riuscì a ottenere un permesso di lavoro in Svizzera. Un permesso che gli consentì in seguito di fondare la casa editrice L’Âge d’Homme e di pubblicare molte meraviglie della cultura slava moderna, nonché autori improbabili ed essenziali come Albert Caraco.
10 aprile 2017, Kowalski (via dei Giustiniani 3 – Genova), ore 19.30
L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra di Gigi Riva (Sellerio, 2016). Partecipa l’autore. Modera: Matteo Canepa di Pagina2cento.it
Nella tragica e violentissima dissoluzione della Jugoslavia un calcio di rigore sembrò contrassegnare il destino di un popolo. Un penalty divenne nei Balcani il simbolo dell’implosione di un intero Paese, e dei conflitti che sarebbero seguiti di lì a poco. Intuendo la complessità di un evento che sembrava soltanto sportivo, Gigi Riva racconta con attenzione da storico e sensibilità da narratore un tiro fatale, sbagliato il 30 giugno del 1990 a Firenze da Faruk Hadžibegić, capitano dell’ultima nazionale del Paese unito. La partita contro l’Argentina di Maradona nei quarti di finale del Mondiale italiano portò all’eliminazione di una squadra dotata di enorme talento ma dilaniata dai rinascenti odi etnici. Leggenda popolare vuole che una eventuale vittoria nella competizione avrebbe contribuito al ritorno di un nazionalismo jugoslavista e scongiurato il crollo che si sarebbe prodotto. Proprio per la sua popolarità il calcio è sempre servito al potere come strumento di propaganda. Basti pensare all’uso che Mussolini fece dei trionfi del 1934 e 1938, o a come i generali argentini sfruttarono il Mondiale in casa del 1978, durante la dittatura. Oppure, ai giorni nostri, a come lo Stato Islamico abbia deciso di colpire lo Stadio di Francia durante una partita per amplificare il suo messaggio di terrore. Ma si potrebbe sostenere che in nessun luogo come nella ex Jugoslavia il legame tra politica e sport sia stato così stretto e perverso. Attraverso la vita del protagonista e dei suoi compagni (molti dei quali diventati poi famosi in Italia, da Boban a Mihajlović, da Savićević a Bokšić, da Jozić a Katanec), si scopre il travaglio di quella rappresentativa nazionale e del suo allenatore Ivica Osim, detto «il Professore», o «l’Orso». Nelle loro gesta si specchia la disgregazione della Jugoslavia e la spregiudicatezza dei suoi leader politici, che vollero utilizzare lo sport e i suoi eroi per costruire il consenso attorno alle idee separatiste. In questo senso il calcio è stato il prologo della guerra con altri mezzi, il rettangolo verde la prova generale di una battaglia. Non a caso si attribuisce agli scontri tra i tifosi della Dinamo Zagabria e della Stella Rossa di Belgrado il primato di aver messo in scena, in uno stadio, il primo vero episodio del conflitto. Ed è nelle curve che sono stati reclutati i miliziani poi diventati tristemente famosi per la ferocia della pulizia etnica a Vukovar come a Sarajevo. Per il loro valore emblematico le vicende narrate, risalenti a un quarto di secolo fa, sono ancora tremendamente attuali. E non è così paradossale scoprire in esergo a queste pagine le parole beffarde che Diego Armando Maradona rivolse all’autore: «Occupati di politica internazionale, il calcio è una cosa troppo seria».
26 maggio 2017, Kowalski (via dei Giustiniani 3 – Genova), ore 19.30
Presentazione dei racconti vincitori del concorso letterario Il calcio in piazza.
- IL CONCORSO – Il calcio in piazza resiste come momento di crescita, di condivisione e di apertura verso il mondo, in un’epoca di predilezione verso il gioco virtuale e individuale. I promotori del concorso, in questo senso, vogliono porre l’attenzione sugli aspetti legati alla formazione che il calcio in piazza da sempre propone: si fanno partite INSIEME, si condivide il pallone CON GLI ALTRI, si invitano a giocare i bambini di OGNI PAESE, CREDO E COLORE. Il contesto del gioco e quello della piazza, quindi, si uniscono idealmente in un’istruzione non ufficiale per contribuire a forgiare quello che dovrebbe essere il cittadino futuro, grazie a quelle lezioni che la strada sa ancora dare e che non prevedono l’esclusione ma sempre l’inclusione. Giocare a calcio da soli non è mai una buona idea.
- SPECIFICHE – massimo 2450 parole (17.000 caratteri spazi inclusi). Il font da utilizzare è il Calibri di dimensione 11.
- INVIO – I tipi di file ammessi per il file del testo sono: odt, doc, rtf (non si accettano testi in formato pdf o docx). Il file deve essere nominato: “cognome dell’autore – titolo” e inviato alla casella mail: paloincrociotraversa@gmail.com.
- SCADENZA: i lavori devono essere recapitati secondo le modalità indicate dagli organizzatori entro e non oltre il 16 aprile 2017.
- GIURIA
Ester Armanino, scrittrice
Pierpaolo Cozzolino, publican e grafomane
Matteo Macor, giornalista
Francesco Pedemonte, Pagina2cento.it
Alessio Rassi, Pagina2cento.it
Giacomo Revelli, scrittore
Stefano Rissetto, giornalista e scrittore
Francesco Salvi, Pagina2cento.it - PREMI: Per i quattro racconti selezionati avverrà la pubblicazione su un inserto del menù del Kowalski, pensato per essere distribuito anche nei locali del circuito Birralonga e Vinicoli, oltre alla pubblicazione del testo sul sito di Pagina2cento.it. Ai vincitori verrà anche consegnato un buono per una cena per due da consumarsi nel locale di via dei Giustiniani.
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