La giornata è terribilmente calda, afosa. Non c’è un filo di vento e l’aria è umida. Si suda solo a respirare. E’ una giornata perfetta per raccontare una storia. La storia di due ragazzi che si chiamano Francesco. La storia del loro incontro. La storia delle loro storie. Cammino molto a fatica, sotto il sole, la strada è in salita. Fa molto caldo: cerco il numero civico della casa del mio omonimo. 70 interno 2.
All’improvviso vedo il numero e contemporaneamente il mio sguardo si rivolge al terrazzo della casa. Francesco e Guido Bolla sono lì ad aspettarmi, sono lì in mia attesa. E io, Francesco Salvi, sono un po’ in ritardo e anche molto sudato. Non parto col piede giusto, decisamente; il mio omonimo invece si: è meraviglioso quando qualcuno ti aspetta a casa dal balcone e spera nel tuo arrivo. Ricordo quando tornavo da scuola e vedevo sul terrazzo lontano mia mamma, che scrutava l’orizzonte con lo sguardo per vedere dove fossi. Adesso rimpiango di non poter vedere ancora quello sguardo da quel terrazzo. Anche Francesco Bolla quello sguardo non lo può più vedere, perché anche sua mamma se ne è andata troppo presto. E anche lui come me, aveva ancora bisogno di lei.
Io nella mia maglia griffata Nike con il logo del mio tennista preferito, sto per incontrare ed ascoltare la storia di un campione vero, di un campione che ha vinto medaglie e gare. Io, al massimo, mi diletto a calcetto con gli amici e in qualche partitella di tennis. Francesco Bolla no. Lui è un campione. Ma chi è Francesco Bolla?
Il 17 luglio 2014 ha compiuto 24 anni, è un ragazzo giovane, alto. Il padre inizia a raccontarmi la sua storia. La diagnosi di Francesco viene definita come “tratti di autismo”: il padre mi dice che si tratta di una forma di autismo “sui generis” perché il ragazzo comunica parecchio, non rifiuta il contatto e anzi tende a solidarizzare molto. Il problema è che se non gli arriva subito la parola per spiegare una cosa, lui fa “tutto un giro strano di associazioni di idee”, che a suo modo lo portano ad esprimere ciò che vuole comunicare. Francesco è stato seguito dal centro per l’autismo di Verona: lì, il padre Guido ha capito che tutti i casi di autismo sono differenti e che vanno seguiti singolarmente nello specifico. Cosa che non poteva essere fatta a Genova. Ma la famiglia non si può trasferire a Verona e allora Francesco Bolla comincia ad essere seguito dall’ANFFAS, al centro Falchetti di Mignanego. Ed è qui che diventa un campione: inizia, grazie al suo tutor, a praticare sci di fondo. Dopo due giorni con gli sci ai piedi, Francesco Bolla sembra Silvio Fauner. Sembra nato per fare lo sci di fondo e apprende con una velocità incredibile. E intanto io, sportivo da divano, mi commuovo ad ascoltare le parole che il padre spende per il figlio. Francesco Bolla parte alla volta di Pyeongchang, nel gennaio del 2013, per partecipare ai giochi organizzati dalla Special Olympics, prende l’aereo coraggiosamente. La Special Olympics è pressoché sconosciuta in Italia, tanto che in Corea, in occasione dei World Winter Games (3300 atleti circa partecipanti, provenienti da 113 nazioni) non vi erano giornalisti del nostro paese al seguito dei circa 60 atleti italiani presenti, ed è un’associazione sportiva internazionale fondata da Eunice Kennedy Shriver, sorella di John Fitzerald Kennedy, negli USA, nel 1968. Tale associazione propone ed organizza allenamenti ed eventi per persone con disabilità intellettiva e per ogni livello di abilità, a livello mondiale. Il motto di tale associazione è “che io possa vincere ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”.
E le forze di Francesco lo portano a conquistare un quarto posto nella 2.5 km, un sesto posto nella 5 km e il meritato oro nella staffetta 4 per 1 km il 5 febbraio 2013: la medaglia è lì sul tavolo adesso, la vedo e mi emoziono. Francesco la mette al collo, la guarda e me la mostra. Ma è geloso, è la sua vittoria. E’ la sua vittoria perché lo sport lo ha fatto crescere non solo fisicamente, ma, soprattutto, nell’animo e nell’autostima. Con lo sport, Francesco ha preso coscienza di sé ed ha imparato molte cose. All’inizio ad esempio, come racconta lui stesso, non voleva superare i suoi avversari, sciava al loro fianco perché si divertiva, gli piaceva. Poi ha capito che per vincere doveva arrivare davanti agli altri e ha iniziato ad ingranare le marce alte e superarli. Una volta proprio in Corea si è fermato ad aiutare un’atleta che era caduta durante la gara. Per poi ripartire con la stessa voglia e grinta di sempre. Lo sport diventa quindi un percorso di crescita, di maturazione, non un’ossessione e una lotta per la vittoria. Diventa una forma di associazionismo, di socializzazione, lo sport insegna a Francesco a stare con altri ragazzi che hanno le sue stesse difficoltà, con la consapevolezza certamente di averle, ma superandole a modo loro sia nel comportamento e nel linguaggio, sia durante l’attività fisica.
All’ultima domanda, il padre Guido mi risponde così: non c’è nessuna differenza tra lo sport praticato dai normodotati e quello praticato dai disabili. I risultati non possono essere gli stessi, come non lo sono tra uomini e donne ad esempio, ma lo sforzo, la passione, l’intensità, il sacrificio e l’arricchimento psicologico sono simili. Quello che ho capito io è che a cambiare è il fine: se da una parte si pensa solo al risultato e alla vittoria, per gli atleti disabili il fine è riuscire a esprimersi e a completare giorno dopo giorno il loro percorso di crescita psicofisica.
Ci salutiamo, io con la maglia del mio campione preferito di tennis incarno lo sportivo occasionale, quello che sogna le grandi vittorie ma sa che non le otterrà mai; lui nella sua semplicità di campione vero mi stringe la mano, mi abbraccia e mi bacia: insomma fa le cose semplici, le cose da campione. Esco in strada accaldato, il sole e l’afa non danno tregua, penso alle nostre mamme e alle sconfitte della vita, che come quelle sportive sono assai difficili da superare. Penso semplicemente che nella disabilità ci sia solo un modo diverso, da quello più comune, di percepire il mondo e di comunicare con esso e lo sport in questo caso ne è la dimostrazione. Salgo in macchina e piango. Per l’emozione di un nuovo incontro, per un dialogo intenso, per aver conosciuto un campione vero, nella vita come nello sport.
P.s: desidero ringraziare infinitamente Guido e Francesco Bolla per avermi dedicato il loro tempo ed avermi raccontato la loro storia. Per avermi insegnato e ricordato il valore partecipativo e sociale che ha, talvolta, lo sport. Per aver fatto sentire la loro voce, spesso ignorata dai mass media e dalle testate giornalistiche principali. Ringrazio inoltre Dalila e il gruppo culturale Koinè di Pontedecimo per avermi dato lo spunto per poter arrivare a conoscere il Francesco campione.
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Anna
Belle persone questi due Franceschi!
Francesco Salvi
AuthorSi belli! Grazie Anna.
Michela
Una storia bella e commovente!Bravo!
Francesco Salvi
AuthorGrazie Michela.
Raffaella
Due campioni di sport e di sentimenti.. Bravi ai due Francesco!!!
Francesco Salvi
AuthorGrazie Raffaella.
maria elena
Bravo Fri…naturalmente mi sono commossa pensando a Bruna♡ e a quanto avrebbe apprezzato quello che scrivi e poi grandissimo Francesco Bolla…abbiamo un campione vero che vive a fianco a noi e non lo sappiamo….
Francesco Salvi
AuthorGrazie Maria Elena. Purtroppo certi sport e certe manifestazioni vengono relegate ai margini dai media. Anzi non vengono nemmeno seguite.
Maddalena
mi hai fatto piangere, Ha ragione tua sorella Lei vi e’ sempre vicina,le mamme non lasciano mai i loro figli, Bruna era una mammma speciale. Complimenti a Francesco Bolla
poggi maria concessa
Fry sei un grande e ti voglio sempre piu bene. Lei non e’ sul poggiolo ma sempre accanto
Emy
Orgogliosa di te! Bravissimo! Sono le emozioni e le belle storie che coinvolgono la gente! Continua così!
Francesco Salvi
AuthorGrazie ma sei di parte!!!
claudia Bevegni
Grande Fry!!!!! Continua continua continua. ..
alessandra
Complimenti!belle le storie di questi 2 Francesco!scritte con grande intensità!
Francesco Salvi
AuthorGrazie
Andrea Cavallaro (BIC Genova)
Articolo profondo, coinvolgente e scritto con il cuore. Complimenti!
Sai Francesco, anche io ho imparato ad emozionarmi grazie a loro, per quello che sanno trasmettere sempre, anche nelle sconfitte. E ricorda che loro, una volta trovata la chiave di volta, sono i vincitori più brillanti!!!
Ti aspetto in palestra.
Andrea
Francesco Salvi
AuthorGrazie Andrea, ci vediamo presto. Un abbraccio F.