Chapeau Vincenzo!

Parigi finalmente è arrivata: Vincenzo Nibali è il vincitore del Tour de France!
Sembra passata una vita da quando Marco Pantani vestì la maglia gialla sedici anni or sono ed in effetti si tratta di un lasso di tempo veramente enorme a livello sportivo: come avevamo detto ormai tre settimane fa, il Tour è un evento che richiede una preparazione pazzesca ed un livello di concentrazione superiore a qualunque altra corsa. Vincere il Tour è difficile, molto difficile ed è anche per questo che l’inno di Mameli non suonava da così tanti anni sui Campi Elisi.

Vincenzo Nibali sul podio finale del Tour de France 2014 con i francesi Jean Christophe Peraud (sx) e Thibaut Pinot (dx)

Ma come ha fatto Nibali a vincere il Tour de France? La mia convinzione personale è che il siciliano, consapevole di non essere al livello di Contador e Froome in salita, avesse puntato veramente tantissimo sulla tappa del pavé passando parecchio tempo durante l’ultimo inverno a sviluppare materiali e capacità specifiche con l’aiuto di un ex campione delle pietre quale il fiammingo Van Petegem. Il cattivo tempo ha esaltato poi le sue capacità di guida, che hanno fatto il resto mentre i suoi avversari annaspavano nelle retrovie o addirittura si ritiravano. Risultato, due minuti di vantaggio sui rivali già alla quinta tappa. D’altronde si sa, la fortuna aiuta gli audaci.

Fortuna che si è guardata bene dal baciare sia Froome che Contador, i quali hanno chiesto troppo alle loro… teste. Hanno iniziato spavaldi a febbraio fino a suonarsele al Giro del Delfinato a giugno, dove il britannico è finito a terra e lo spagnolo ha commesso uno svarione tattico. Arrivati al Tour forti ma senza certezze, quando Nibali gliel’ha fatta sotto al naso a Sheffield hanno perso definitivamente la bussola: Froome non aveva più energie nervose per correre nelle posizioni giuste e Contador ha perso lucidità in discesa smanioso di attaccare nelle salite che lo aspettavano. Tour de France andato e strada spianata per Nibali che a quel punto ha fatto alla grande quello per cui si era preparato: vincere.

Con l’inattesa vittoria a Sheffield, nella seconda tappa, Nibali ha vestito la Maglia Gialla e inferto un durissimo colpo psicologico a Froome e Contador

Ci teneva così tanto che ha corso come se i suoi rivali non fossero usciti di scena, senza mai abbassare la guardia ne’ perdere un solo secondo, con una condotta di gara molto accorta che rispecchia parecchio il suo carattere: ragazzo educato e concreto, ha capito che si stava giocando un occassione troppo ghiotta per prenderla sottogamba. Conta chi vince, lui ha vinto. 

Un altro che ha vinto è Matteo Trentin, giovane talento da classiche, che appena fiuta l’occasione si butta in volata e vince: sono due anni di fila che ne centra una al Tour e non è roba da poco. Corre nella squadra più forte del mondo, la Omega Quick Step, dove campioni del calibro di Cavendish e Boonen fanno a gara per averlo come gregario. Ultimo ma non da meno, Alessandro De Marchi: quasi sconosciuto ai non addetti ai lavori, ha interpretato una corsa coraggiosa attaccando ogni giorno per tutta la seconda metà del Tour. Riceve dai francesi il Numero Rosso dedicato al più combattivo: sembra poco ma significa tanto.

Matteo Trentin vincitore della settima tappa del Tour 2014

Considerazione finale, di sicuro in controtendenza rispetto al resto della stampa che leggiamo oggi: nonostante i titoloni e le già troppe parole di chi vuole saltare sul carro del vincitore sia da destra che da sinistra, questa vittoria non servirà ad un bel niente per migliorare la condizione politica e sociale del paese. Nibali è un grande esempio di impegno e passione, con una bella faccia pulita e risultati di spessore ma non sarà certo l’eco della sua vittoria a risollevare un paese: sono cambiati i tempi da quando Bartali vincendo il Tour scongiurava la guerra civile dopo l’attentato a Togliatti. Sarebbe bello ma non è così, quindi (come ripetiamo e ripeteremo spesso nei prossimi tempi) tracciamo una bella linea fra il mondo dorato dello sport e la vita quotidiana e diamo a Nibali ciò che è di Nibali, nulla di più e nulla di meno: una grande, storica vittoria. Chapeau Vincenzo!

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Davide Podesta
Nell’agosto 1997 ho acceso la tv ed invece dei cartoni ho trovato la Classica di San Sebastian. Da quel giorno è stato solo ciclismo, pedalato, gareggiato e raccontato ma soprattutto vissuto. Per me non è metafora di vita, è l’essenza: un amore incondizionato e puro, critico e consapevole ma neppur minimamente deteriorabile. Se leggo la Gazzetta in un bar lascio aperta la pagina del ciclismo affinché qualcuno la legga, se la discussione finisce sull’argomento state certi che metterò il cuore sul tavolo. Trasgredisco solo per le Olimpiadi, sia estive che invernali e detesto ogni critica che non sia costruttiva, soprattutto quelle di chi non accetta il passare degli anni. Suoi e degli altri.
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